Questo bellissimo foglio di Cambiaso - “magnifico” lo definì Bertina Suida Manning nella monografia sul pittore del 1958 (Suida Manning, Suida 1958, p. 58) - appartiene alla maturità dell’artista: il segno sciolto con cui è disegnata Minerva, senza traccia di abbozzo preparatorio a matita, direttamente con la penna e l’inchiostro, delinea senza incertezze le forme, poi ombreggiate a pennello con l’inchiostro acquarellato, con una sicurezza che non si preoccupa di rispettare i contorni e segna il trascorrere della luce sulla figura, rendendone a un tempo con immediatezza il movimento. Come evidenziato da Boccardo (in Luca Cambiaso 2007, cat. 39), infatti, la figura della dea dell’antichità è solo apparentemente stante, dato il movimento che conferiscono alla sua postura le gambe che paiono scendere gradini e la tunica che sventola verso sinistra. Efficacissimo nel movimento impresso alla parte inferiore del corpo di Minerva, l’artista è consapevole che la rapidità della sua mano sulla carta è capace di tradurre perfettamente l’idea della figura, senza bisogno di tornare su una definizione puntuale dei particolari, dei piedi ad esempio, che si confondono con l’orlo dello scudo posato a terra. Il lieve contrapposto e la torsione verso destra della dea danno grande profondità all’immagine, che si colloca nello spazio senza che null’altro ne definisca la profondità.
Dea della guerra, Minerva - Pallade Atena la chiamavano i Greci - è anche la protettrice delle arti e delle scienze e, tra Seicento e Settecento a Genova, ricorrerà anche in questa accezione nelle iconografie di celebrazione: si pensi all’antiporta del volume Istoria della Famiglia Spinola di Massimiliano Deza, incisa da Martial Desbois nel 1694 su disegno di Domenico Piola (fig. 5a) (da ultimo Sanguineti 2004, pp.493-497; Priarone in Domenico Piola 2006, catt.7-8), nella quale Minerva è ugualmente raffigurata in armi con elmo, lancia e scudo, ma sotto un albero cui sono appese insegne del potere e attributi delle arti; o si veda ancora l’Allegoria della Repubblica di Genova disegnata da Lorenzo de Ferrari (GDSPR, inv. D2161, fig. 7a) in cui su una grande arma araldica della città proprio Minerva è intenta a scolpire, istruita dal dio Giano, la parola LIBERTAS.
Non si conosce la destinazione precisa di questo foglio di Cambiaso, che più di una volta nei palazzi dell’aristocrazia immagini della dea: si pensi alla Minerva che compare nella scena con Psiche condotta da Mercurio dinnanzi al Concilio degli dei in Palazzo Grillo, prova ancora giovanile, o a quella che occupa il centro della scena Ulisse saetta in Proci, accanto all’eroe omerico, sulla volta del salone di Palazzo della Meridiana, affrescato in anni prossimi a quelli in può collocarsi l’esecuzione di questo foglio (ca. 1560; Boccardo in Luca Cambiaso 2007, cat. 39). (PRIARONE, in IL RE DENARO, 2021)
Questo bellissimo foglio di Cambiaso - “magnifico” lo definì Bertina Suida Manning nella monografia sul pittore del 1958 (Suida Manning, Suida 1958, p. 58) - appartiene alla maturità dell’artista: il segno sciolto con cui è disegnata Minerva, senza traccia di abbozzo preparatorio a matita, direttamente con la penna e l’inchiostro, delinea senza incertezze le forme, poi ombreggiate a pennello con l’inchiostro acquarellato, con una sicurezza che non si preoccupa di rispettare i contorni e segna il trascorrere della luce sulla figura, rendendone a un tempo con immediatezza il movimento. Come evidenziato da Boccardo (in Luca Cambiaso 2007, cat. 39), infatti, la figura della dea dell’antichità è solo apparentemente stante, dato il movimento che conferiscono alla sua postura le gambe che paiono scendere gradini e la tunica che sventola verso sinistra. Efficacissimo nel movimento impresso alla parte inferiore del corpo di Minerva, l’artista è consapevole che la rapidità della sua mano sulla carta è capace di tradurre perfettamente l’idea della figura, senza bisogno di tornare su una definizione puntuale dei particolari, dei piedi ad esempio, che si confondono con l’orlo dello scudo posato a terra. Il lieve contrapposto e la torsione verso destra della dea danno grande profondità all’immagine, che si colloca nello spazio senza che null’altro ne definisca la profondità.
Dea della guerra, Minerva - Pallade Atena la chiamavano i Greci - è anche la protettrice delle arti e delle scienze e, tra Seicento e Settecento a Genova, ricorrerà anche in questa accezione nelle iconografie di celebrazione: si pensi all’antiporta del volume Istoria della Famiglia Spinola di Massimiliano Deza, incisa da Martial Desbois nel 1694 su disegno di Domenico Piola (fig. 5a) (da ultimo Sanguineti 2004, pp.493-497; Priarone in Domenico Piola 2006, catt.7-8), nella quale Minerva è ugualmente raffigurata in armi con elmo, lancia e scudo, ma sotto un albero cui sono appese insegne del potere e attributi delle arti; o si veda ancora l’Allegoria della Repubblica di Genova disegnata da Lorenzo de Ferrari (GDSPR, inv. D2161, fig. 7a) in cui su una grande arma araldica della città proprio Minerva è intenta a scolpire, istruita dal dio Giano, la parola LIBERTAS.
Non si conosce la destinazione precisa di questo foglio di Cambiaso, che più di una volta nei palazzi dell’aristocrazia immagini della dea: si pensi alla Minerva che compare nella scena con Psiche condotta da Mercurio dinnanzi al Concilio degli dei in Palazzo Grillo, prova ancora giovanile, o a quella che occupa il centro della scena Ulisse saetta in Proci, accanto all’eroe omerico, sulla volta del salone di Palazzo della Meridiana, affrescato in anni prossimi a quelli in può collocarsi l’esecuzione di questo foglio (ca. 1560; Boccardo in Luca Cambiaso 2007, cat. 39). (PRIARONE, in IL RE DENARO, 2021)
Acquisizione (ACQ)
ACQT:
legato
Nome (ACQN):
Marcello Durazzo
Data acquisizione (ACQD):
1848
Luogo acquisizione (ACQL):
Genova
Condizione giuridica (CDG)
Indicazione generica (CDGG):
proprietà Ente pubblico territoriale
Indicazione specifica (CDGS):
Comune di Genova
Documentazione fotografica (FTA)
FTAX:
documentazione allegata
FTAP:
fotografia digitale
FTAN:
D1873
Citazione completa (BIL)
Grosso, Pettorelli 1910, n. 33; Suida Manning 1958, p. 58; Boccardo 1999, p. 265; Boccardo in Genovesi a Milano 2000, cat. 6 pp. 12, 18; Boccardo in Luca Cambiaso 2006, cat. 29, pp. 268-269; Boccardo in Luca Cambiaso 2007, cat. 39 p. 395-396; Priarone 2021, p. 128