Il foglio, classificato in inventario come di un ignoto artista
genovese del secolo XVII - tenendo in scarso conto la pur
sommaria allusione alla città di Bologna di sfondo nella parte inferiore della composizione - è stato riconosciuto da chi scrive come studio preparatorio per un soggetto celebrativo realizzato da Ludovico Carracci per il cardinal Mattei.
Per quanto, infatti, il blasone sia stato qui lasciato in bianco,
l’esistenza a Parigi, presso PInstitut Neerlandais, del progetto finito (inv. 1060; cfr. Byam Shaw 1983, Il, n. 319),
in cui l’arma araldica - scaccato d’azzurro e d’argento alla
banda d’oro attraversante; col capo d’oro carico di un’aquila di nero - è precisamente disegnata, e altresì di quella dell’incisione tratta da un allievo dello stesso Ludovico, Francesco Brizio (Bartsch 1818, XVIII, p. 259,
n. 11), permettono di verificare il riferimento. Il foglio genovese, in particolare se confrontato con quello parigino, risulta essere solo uno studio preparatorio: l’artista non ha ritenuto necessario disegnare per intero la struttura dell’arco trionfale, in quanto destinata ad essere perfettamente speculare; le figure della Fede e della Temperanza, rispettivamente a sinistra e a destra della colonna, quella in volo della Fortuna - sull’altro lato avrebbero fatto poi da contraltare la Fortezza, la Giustizia e la Fama - e l’intero scudo sono deli-
neati con tratti di penna rapidi e sommari; e, infine, si riscontrano alcune varianti: nello studio definitivo il putto che regge il blasone in basso al centro e quello in alto che funge da mensola non vennero realizzati. Nella stampa, come di consueto, tutto è in controparte. Quello dell’incisione di stemmi è stata un’attività che in Italia, prima di Agostino Carracci, che in essa primeggiò, non risulta fosse molto praticata: non vi ebbe parte suo fratello Annibale, mentre è per l’appunto noto che Ludovico abbia fornito disegni come quelli citati destinati ad essere tradotti su rame (cfr. De Grazia 1984, pp. 53-54). È stato per altro Bartsch, nel descrivere il soggetto inciso da Brizio, a riconoscere nell’arma araldica, che risulta sovrastata da un cappello cardinalizio, quella di «un cardinal de la famille Matthei», identificato poi verosimilmente in quel Gerolamo Mattei (1546-1603) che venne elevato alla porpora nel 1585 da Sisto V, pontefice al quale allude lo stemma rappresentato, nei due disegni, sul plinto della colonna, ma che poi non è stato ripreso nell’incisione. La precisa corrispondenza dello stemma dei Mattei toglie consistenza a l’osservazione di S. Pepper sul fatto che non risulti che il cardinal Gerolamo Mattei abbia avuto specifici rapporti con Bologna,
tanto più che lo stesso studioso ha proposto in alternativa di
identificare il cardinale in questione in Orazio Spinola, che
fu sì vice-legato a Bologna dal 1597 al 1602, ma la cui arma
- d’oro alla fascia scaccata di tre file d’argento e di rosso e sormontata da una spina di botte posta in palo - è, ad evidenza, notevolmente diversa. (Boccardo 1999, scheda n. 4)
Il foglio, classificato in inventario come di un ignoto artista
genovese del secolo XVII - tenendo in scarso conto la pur
sommaria allusione alla città di Bologna di sfondo nella parte inferiore della composizione - è stato riconosciuto da chi scrive come studio preparatorio per un soggetto celebrativo realizzato da Ludovico Carracci per il cardinal Mattei.
Per quanto, infatti, il blasone sia stato qui lasciato in bianco,
l’esistenza a Parigi, presso PInstitut Neerlandais, del progetto finito (inv. 1060; cfr. Byam Shaw 1983, Il, n. 319),
in cui l’arma araldica - scaccato d’azzurro e d’argento alla
banda d’oro attraversante; col capo d’oro carico di un’aquila di nero - è precisamente disegnata, e altresì di quella dell’incisione tratta da un allievo dello stesso Ludovico, Francesco Brizio (Bartsch 1818, XVIII, p. 259,
n. 11), permettono di verificare il riferimento. Il foglio genovese, in particolare se confrontato con quello parigino, risulta essere solo uno studio preparatorio: l’artista non ha ritenuto necessario disegnare per intero la struttura dell’arco trionfale, in quanto destinata ad essere perfettamente speculare; le figure della Fede e della Temperanza, rispettivamente a sinistra e a destra della colonna, quella in volo della Fortuna - sull’altro lato avrebbero fatto poi da contraltare la Fortezza, la Giustizia e la Fama - e l’intero scudo sono deli-
neati con tratti di penna rapidi e sommari; e, infine, si riscontrano alcune varianti: nello studio definitivo il putto che regge il blasone in basso al centro e quello in alto che funge da mensola non vennero realizzati. Nella stampa, come di consueto, tutto è in controparte. Quello dell’incisione di stemmi è stata un’attività che in Italia, prima di Agostino Carracci, che in essa primeggiò, non risulta fosse molto praticata: non vi ebbe parte suo fratello Annibale, mentre è per l’appunto noto che Ludovico abbia fornito disegni come quelli citati destinati ad essere tradotti su rame (cfr. De Grazia 1984, pp. 53-54). È stato per altro Bartsch, nel descrivere il soggetto inciso da Brizio, a riconoscere nell’arma araldica, che risulta sovrastata da un cappello cardinalizio, quella di «un cardinal de la famille Matthei», identificato poi verosimilmente in quel Gerolamo Mattei (1546-1603) che venne elevato alla porpora nel 1585 da Sisto V, pontefice al quale allude lo stemma rappresentato, nei due disegni, sul plinto della colonna, ma che poi non è stato ripreso nell’incisione. La precisa corrispondenza dello stemma dei Mattei toglie consistenza a l’osservazione di S. Pepper sul fatto che non risulti che il cardinal Gerolamo Mattei abbia avuto specifici rapporti con Bologna,
tanto più che lo stesso studioso ha proposto in alternativa di
identificare il cardinale in questione in Orazio Spinola, che
fu sì vice-legato a Bologna dal 1597 al 1602, ma la cui arma
- d’oro alla fascia scaccata di tre file d’argento e di rosso e sormontata da una spina di botte posta in palo - è, ad evidenza, notevolmente diversa. (Boccardo 1999, scheda n. 4)