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Apollo Pastore

Musei di Strada Nuova
OGT
OGTD:
disegno
Autore (AUT)
AUTR:
disegnatore
AUTN:
Scorza, Sinibaldo
AUTA:
1589-1631
Inventario di museo o soprintendenza (INV)
INVN:
D 1405
INVC:
Gabinetto disegni e stampe di Palazzo Rosso
Cronologia (DT)
DTZS:
prima metà
DTZG:
XVII
DTSI:
1589
DTSV:
ca
DTSF:
1631
DTSL:
ca
MTC
MTC:
penna e inchiostro
MTC:
carta bianca
MTC:
matita nera
Notizie storico-critiche (NSC)
Credibilmente penalizzato dall’aspetto di frammento, giuntoci certo ritagliato da un foglio più grande, il disegno, inizialmente inventariato come anonimo del XVIII secolo, come altri di Scorza, è stato poi ricondotto da Mario Bonzi a un pur sempre ignoto autore di scuola fiamminga. Oltre che attraverso una serie ricorrente di elementi conservativi, tecnici e stilistici, che caratterizzano i fogli venduti dal Comune dallo scultore Norberto Montecucco alla fine del XIX secolo, il disegno è stato rivendicato da chi scrive alla mano di Sinibaldo Scorza specificatamente per via del palmare confronto con una più elaborata composizione, in cui lo stesso protagonista è raffigurato accanto a due mucche sullo sfondo di un paesaggio agreste, che fa parte del fondo, proveniente dalla collezione Czartoryski, oggi definitivamente acquisito dal Muzeum Narodowe di Cracovia (inv. XV Rr. 717). Quest’ultima prova grafica – che tra l’altro reca sul verso la scritta forse autografa «di Sinibaldo Scorza» – è stata resa nota da Mary Newcome quasi venticinque anni fa (cfr. Newcome 1993, p. 35 e fig. 7) e in quella occasione la studiosa, oltre a fare un efficace confronti per la mucca in primo piano con il Peccato Originale dell’Accademia Carrara di Bergamo, aveva indicato interrogativamente il protagonista come Apollo, mettendolo in relazione con una lirica de La Galeria di Giovan Battista Marino intitolata appunto Apollo Pastore di Sinibaldo Scorza. Ogni dubbio a riguardo va sciolto, giacché non solo in quel foglio la figura cinge una corona di lauro e ha accanto a sé una lira, ma per di più è netta la rispondenza della composizione coi versi del poeta: «Dal Cielo al bosco, e da la luce a l'ombra, / da lo scettro a la verga, / dal carro al sasso, e da le fere ardenti / passa ai rustici armenti Apollo assiso». La prova definitiva è costituita dallo specifico riferimento che poco oltre Marino fa al supporto della composizione, che non è una «tavola dipinta» come in modo inesatto riporta Carlo Giuseppe Ratti aggiungendo del suo a quanto riferito da Soprani (cfr. Rispettivamente Soprani Ratti p. 217), ma per l’appunto la carta, essendo evidentemente un disegno la fonte ispiratrice del disegno. Diversi testi classici (Omero, Odissea; Euripide, Alcesti; Ovidio, Metamorfosi; Diodoro Siculo, Biblioteca) accennano all’episodio in cui il dio Apollo, assunse il ruolo di pastore quando Giove per punizione lo costrinse a mettersi per nove anni al servizio di Admeto, re di Fere, in Tessaglia, perché sotto quelle vesti sedusse la pia figlia di Macareo, re di Lesbo, di nome Issa o Anfissa. Prendendo spunto – credibilmente – dai pochi versi del testo ovidiano, fors’anche solo attraverso la volgarizzazione fattane da Giovanni Andrea dell’Anguillara, Scorza ha scelto quel mito non tanto allo scopo di illustrare uno dei tanti amori del dio, ma perché gli permetteva di conferire la dignità di tema mitologico a una rappresentazione di animali al pascolo. (Boccardo in Boccardo, Priarone 2017, p. 72)

Persona