Il disegno, che venne inventariato come “Banchetto” di Ignoto, è stato identificato come episodio tratto dalla parabola evangelica del ‘figliol prodigo’ da Mario Bonzi: questi ipotizza in un primo tempo (1940) che l’architettura di fondo del foglio sia di altra mano, mentre nel 1959 propone un’attribuzione a Bernardo Castello, senza dubbio a motivo del carattere di immediatezza narrativa che il Tavarone riesce ad infondere alla scena e che caratterizza anche la grafica del Castello.
E’ stata Mary Newcome ad avvicinare per prima il foglio all’ambito del Tavarone, artista capace di composizioni complesse, di articolate figurazioni con molte figure in perfetta armonia con lo sfondo, di una grande felicità descrittiva, maturata certamente nell’esperienza decorativa dell’Escorial e, in particolare, nella fase di attività successiva alla morte del Cambiaso.
In questo foglio è la stessa gestualità delle figure ad essere particolarmente eloquente: d’altra parte già la Collobi Ragghianti nel 1954 individuava nella grafica del pittore “più che una distintiva personalità di segno…un comune denominatore inconsueto e costante di teatralità esposta, dichiarata sia nelle scene che nelle singole figure che sembrano riempire un predisposto palcoscenico, illuminate come da un potente riflettore ideale”.
La vivacità dell’immagine ricorda quella di una scena con Cristo e i discepoli di Emmaus in una delle lunette del chiostro del convento di San Francesco da Paola in Genova, affrescato da Tavarone – su commissione di Giovanni Andrea I Doria - probabilmente negli stessi anni in cui vi era ugualmente attivo il senese Ventura Salimbeni (ca. 1610; cfr. Soprani 1674, p. 310). (Priarone in Boccardo, Priarone 2009, p. 10)
Sul verso in alto a destra (a inchiostro): "Banchetto Cart. 11 N° 12", al centro (a matita): "incognito", "N. 1068", in basso a sinistra (a inchiostro): "11839", a destra: "1231", al centro: "banchetto", "9099 bis", (a matita) "C. 11 N. 12"
Notizie storico-critiche (NSC)
Il disegno, che venne inventariato come “Banchetto” di Ignoto, è stato identificato come episodio tratto dalla parabola evangelica del ‘figliol prodigo’ da Mario Bonzi: questi ipotizza in un primo tempo (1940) che l’architettura di fondo del foglio sia di altra mano, mentre nel 1959 propone un’attribuzione a Bernardo Castello, senza dubbio a motivo del carattere di immediatezza narrativa che il Tavarone riesce ad infondere alla scena e che caratterizza anche la grafica del Castello.
E’ stata Mary Newcome ad avvicinare per prima il foglio all’ambito del Tavarone, artista capace di composizioni complesse, di articolate figurazioni con molte figure in perfetta armonia con lo sfondo, di una grande felicità descrittiva, maturata certamente nell’esperienza decorativa dell’Escorial e, in particolare, nella fase di attività successiva alla morte del Cambiaso.
In questo foglio è la stessa gestualità delle figure ad essere particolarmente eloquente: d’altra parte già la Collobi Ragghianti nel 1954 individuava nella grafica del pittore “più che una distintiva personalità di segno…un comune denominatore inconsueto e costante di teatralità esposta, dichiarata sia nelle scene che nelle singole figure che sembrano riempire un predisposto palcoscenico, illuminate come da un potente riflettore ideale”.
La vivacità dell’immagine ricorda quella di una scena con Cristo e i discepoli di Emmaus in una delle lunette del chiostro del convento di San Francesco da Paola in Genova, affrescato da Tavarone – su commissione di Giovanni Andrea I Doria - probabilmente negli stessi anni in cui vi era ugualmente attivo il senese Ventura Salimbeni (ca. 1610; cfr. Soprani 1674, p. 310). (Priarone in Boccardo, Priarone 2009, p. 10)