Statuetta raffigurante una tipologia di kitsune, le myōbu (命婦), volpi sacre legate al culto della divinità shintoista Inari (稲荷). Le myōbu sono volpi bianche, colore considerato di buon auspicio, alle quali nei secoli è stato attribuito il titolo nobiliare di myōbu, differenziandole così dalle maliziose kitsune dal pelo fulvo dette nogitsune (野狐). L'animale è seduto sulle zampe posteriori con la coda ritta e sulla testa vi è posta una gemma (宝珠, hōju), oggetto sacro con il potere di purificare ed esaudire i desideri. Queste piccole statuette in bronzo, probabilmente realizzate per uso rituale, di norma sono posizionate all’interno del santuario in prossimità dell’altare.
Codifica Iconclass (DESI)
25F23(FOX)
DES
DESS:
Animali: volpe.
Titolo (SGTT)
Statuetta di volpe
SGT
SGTI:
volpe
Inventario di museo o soprintendenza
INVN:
B-1163
DTZ
DTZG:
XIX
Cronologia (DT)
DTZS:
prima metà
DTM:
bibliografia
ADT:
fine periodo Edo
DTSI:
1801
DTSV:
post
DTSF:
1850
DTSL:
ante
MTC
MTC:
bronzo- fusione, patinatura, doratura
Notizie storico-critiche (NSC)
Sin dall'antichità in Giappone le volpi sono venerate come guardiane delle risaie, in quanto predatrici dei roditori che devastano i campi e si addentrano nei granai. Per tale ragione e poiché la forma e il colore della loro coda ricordano proprio una spiga di riso, sono di conseguenza associate al dio Inari, kami dell’agricoltura, della fertilità e della prosperità. Lo stesso Inari veniva perciò inizialmente raffigurato accompagnato da una coppia di volpi, per poi nel tempo scomparire ed essere sostituito dalla sola rappresentazione delle sue messaggere. Le statue di kitsune sono molto diffuse nei santuari dedicati a Inari, contraddistinti proprio da coppie di volpi in pietra grigia poste ai lati delle entrate, spesso adornate da bavagli votivi rossi (涎掛け, yodarekake).
Statuetta raffigurante una tipologia di kitsune, le myōbu (命婦), volpi sacre legate al culto della divinità shintoista Inari (稲荷). Le myōbu sono volpi bianche, colore considerato di buon auspicio, alle quali nei secoli è stato attribuito il titolo nobiliare di myōbu, differenziandole così dalle maliziose kitsune dal pelo fulvo dette nogitsune (野狐). L'animale è seduto sulle zampe posteriori con la coda ritta e sulla testa vi è posta una gemma (宝珠, hōju), oggetto sacro con il potere di purificare ed esaudire i desideri. Queste piccole statuette in bronzo, probabilmente realizzate per uso rituale, di norma sono posizionate all’interno del santuario in prossimità dell’altare.
Codifica Iconclass (DESI)
25F23(FOX)
DES
DESS:
Animali: volpe.
Notizie storico-critiche (NSC)
Sin dall'antichità in Giappone le volpi sono venerate come guardiane delle risaie, in quanto predatrici dei roditori che devastano i campi e si addentrano nei granai. Per tale ragione e poiché la forma e il colore della loro coda ricordano proprio una spiga di riso, sono di conseguenza associate al dio Inari, kami dell’agricoltura, della fertilità e della prosperità. Lo stesso Inari veniva perciò inizialmente raffigurato accompagnato da una coppia di volpi, per poi nel tempo scomparire ed essere sostituito dalla sola rappresentazione delle sue messaggere. Le statue di kitsune sono molto diffuse nei santuari dedicati a Inari, contraddistinti proprio da coppie di volpi in pietra grigia poste ai lati delle entrate, spesso adornate da bavagli votivi rossi (涎掛け, yodarekake).
Condizione giuridica (CDG)
Indicazione generica (CDGG):
proprietà Ente pubblico territoriale
Indicazione specifica (CDGS):
Comune di Genova
Documentazione fotografica (FTA)
FTAX:
documentazione allegata
FTAP:
fotografia digitale
FTAN:
CH01B-1163
Bibliografia (BIB)
BIBX:
bibliografia specifica
BIBA:
Failla Donatella
BIBD:
2016
BIBN:
p. 121, n. 2
BIBI:
fig. 2
Citazione completa (BIL)
Tabemono no Bi. Bellezza gusto immagine dei cibi giapponesi, Catalogo della mostra, Genova 31 ottobre 2015 - 11 settembre 2016, a cura di Donatella Failla, Genova, Sagep, 2016.
Citazione completa (BIL)
Citazione completa (BIL):
Tabemono no Bi. Bellezza gusto immagine dei cibi giapponesi, Catalogo della mostra, Genova 31 ottobre 2015 - 11 settembre 2016, a cura di Donatella Failla, Genova, Sagep, 2016.