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Piroscafo italiano «Barone Ricasoli»

Galata Museo del Mare
OGT
OGTD:
dipinto
Autore (AUT)
AUTN:
Gavarrone, Domenico
Inventario di museo o soprintendenza
INVN:
1051
Cronologia (DT)
DTSI:
1869
DTSF:
1869
MTC
MTC:
carta-acquarello
Notizie storico-critiche (NSC)
Con il piroscafo gemello, il Conte Menabrea, il Barone Ricasoli apparteneva a Carlo Alberto Pellas e operavano in qualità di vapori postali su una rotta giornaliera per La Spezia. Piccoli, dotati di scarsa autonomia, avevano solo 142 tonnellate di stazza. Furono venduti in quello stesso anno a due armatori che avevano dato vita a una compagnia intenzionata ad entrare nel mercato della navigazione a vapore: la Peirano & Danovaro di Andrea Danovaro, ben deciso a competere con il Rubattino le linee postali della penisola. Fu, tuttavia, un’impresa non facile e dopo diversi anni, nel 1877 la P&D entrò in liquidazione e i due vaporetti vennero venduti ancora, questa volta a uno dei concorrenti che avevano determinato la rovina della compagnia a vapore, Vincenzo Florio. Questi li adibì per qualche anno a rotte giornaliere con le isole del Meridione.

All’atto della fusione della Florio con la Rubattino (da cui nacque la Navigazione Generale Italiana) nel 1881, le due navi erano già state radiate.

Il dipinto, forse voluto come ricordo dallo stesso Pellas all’atto di vendere il battello, mostra una nave sicuramente piccola e disadorna ma - prima tra tutte le raffigurazioni del Gavarrone - mostra la grande novità della locomozione a elica che, solo in quel lasso di tempo, iniziava faticosamente ad affermarsi in Italia. Certo, di fronte ai grandi velieri sarebbe stato difficile credere che di lì a solo 20 anni la situazione si sarebbe radicalmente rovesciata, e queste navi sbuffanti avrebbero preso il sopravvento.

Persona