Colombo è appena tornato dal suo quarto e ultimo viaggio e constata, tra le molte amarezze che gli ha riservato il rientro, che nessuna risposta gli è pervenuta da Genova alla sua lettera del 2 aprile 1502. Le lettere in realtà erano state spedite attraverso il nuovo ambasciatore genovese alla corte di Spagna, Gerolamo Di Negro, ma non vennero mai recapitate né a Cristoforo, né al figlio. Colombo è amareggiato e deluso: scrive che "chi serve al comun non serve a nessun". Quindi comunica all'amico la morte della regina Isabella e i problemi che incontra il figlio Diego a entrare in godimento dei suoi diritti. Troncati ormai definitivamente i rapporti con Genova, salvo le amicizie personali, per Colombo inizia così, tra l'agio materiale di denaro e servitori ma l'angoscia personale per le proprie malattie in peggioramento e il futuro dei discendenti, l'ultimo periodo della sua vita che si chiuderà con la morte, a Valladolid presso la Corte spagnola, il 20 maggio 1506.
Traduzione
Al molto virtuoso signore dottor messer Nicolò Oderico. Virtuoso signore, quando partii per il viaggio dal quale ritorno, vi parlai a lungo: credo che di tutto ciò vi ricordiate bene. Credetti che, arrivando, avrei trovato vostre lettere e anche un messaggero. Parimenti, in quel tempo, diedi a Francesco Rivarolo un libro di copie di lettere e un altro dei miei privilegi in una sacca di cordovano colorato con la sua chiusura d'argento e due lettere per l'Ufficio di San Giorgio al quale assegnavo il decimo delle rendite a sconto delle gabelle del grano e delle altre vettovaglie. Di nulla di tutto ciò ho notizia. Messer Francesco dice che tutto è giunto là in salvo. Se così è, non aver dato risposta fu scortesia di quei signori di San Giorgio; né con ciò hanno accresciuto l'azienda e, a causa di questo, si dice che chi serve il Comune non serve nessuno. Io diedi in Cadice a Francesco Cattaneo portatore di questa lettera, un altro libro dei miei privilegi, come il suddetto lasciai in Cadice a Francesco Cattaneo perché similmente ve lo mandasse e l'uno e l'altro fossero inviati al giusto recapito, dove meglio vi piacesse.
Al tempo della mia partenza ricevetti una lettera del Re e della Regina, miei Signori. È scritta lì dentro. Vedetela, poiché giunse molto opportunamente; peraltro don Diego non ne venne in possesso, com'era la promessa. Durante la mia permanenza nelle Indie, scrissi alle Loro Altezze del mio viaggio per tre o quattro vie: una ritornò in mano mia e così ve la mando, inclusa in questa e vi mando il supplemento del viaggio in un'altra lettera, perché lo diate a messer Gian Luigi [Fieschi] con l'altra, di accompagnamento di cui gli scrivo che voi sarete il lettore e l'interprete. Egli vuole lettere da poter mostrare e che parlino con cautela del proposito che ci poniamo. Io giunsi qui molto malato: nello stesso periodo morì la Regina mia Signora (che è con Dio), senza che io la potessi vedere. Finora non vi posso dire come si risolveranno le mie questioni; credo che Sua Altezza vi avrà ben provveduto nel suo testamento e il Re mio Signore esegue assai bene. Francesco Cattaneo vi dirà il resto diffusamente. Nostro Signore vi custodisca.
Da Siviglia, il 27 dicembre 1504.
L'Ammiraglio Maggiore del mare Oceano, Vicerè Governatore Generale delle Indie, ecc..
Notizie storico-critiche (NSC)
Colombo è appena tornato dal suo quarto e ultimo viaggio e constata, tra le molte amarezze che gli ha riservato il rientro, che nessuna risposta gli è pervenuta da Genova alla sua lettera del 2 aprile 1502. Le lettere in realtà erano state spedite attraverso il nuovo ambasciatore genovese alla corte di Spagna, Gerolamo Di Negro, ma non vennero mai recapitate né a Cristoforo, né al figlio. Colombo è amareggiato e deluso: scrive che "chi serve al comun non serve a nessun". Quindi comunica all'amico la morte della regina Isabella e i problemi che incontra il figlio Diego a entrare in godimento dei suoi diritti. Troncati ormai definitivamente i rapporti con Genova, salvo le amicizie personali, per Colombo inizia così, tra l'agio materiale di denaro e servitori ma l'angoscia personale per le proprie malattie in peggioramento e il futuro dei discendenti, l'ultimo periodo della sua vita che si chiuderà con la morte, a Valladolid presso la Corte spagnola, il 20 maggio 1506.
Acquisizione (ACQ)
ACQT:
donazione
Nome (ACQN):
Famiglia Oderico
Data acquisizione (ACQD):
1821
Luogo acquisizione (ACQL):
Genova
Condizione giuridica (CDG)
Indicazione generica (CDGG):
proprietà Ente pubblico territoriale
Indicazione specifica (CDGS):
Comune di Genova
Documentazione fotografica (FTA)
FTAX:
documentazione allegata
FTAP:
fotografia digitale
FTAN:
4238
FTAF:
jpg
Specifiche di accesso ai dati (ADS)
Profilo di accesso (ADSP):
1
Motivazione (ADSM):
scheda contenente dati liberamente accessibili
Compilazione (CMP)
Data (CMPD):
2024
Nome (CMPN):
Carosio, Giovanni
Referente scientifico (RSR)
Agosto, Aldo
Funzionario responsabile (FUR)
Campodonico, Pierangelo
Osservazioni (OSS)
L'opera esposta al museo è una copia. L'originale è in deposito.