Il dipinto, collocabile negli anni Venti del Cinquecento per le assonanze riscontrate con altre opere realizzate dall'artista in quello stesso periodo, come quella di analogo soggetto conservata all'Ermitage (inv. 2019), raffigura la visione mistica avuta da santa Caterina d'Alessandria dopo la sua conversione al cristianesimo, visione nella quale Gesù Bambino, apparso in grembo alla Vergine tra angeli e santi, le infilò al dito l'anello nuziale che la fece sua sposa. Quella concepita da Bordon per quest'opera fu un'iconografia molto fortunata, che venne riproposta in almeno tre copie documentate (Treviso 2022, p. 157). Prima di pervenire alle collezioni di Palazzo Bianco grazie ad un comodato concesso dagli attuali proprietari, eredi di Giorgio Doria (1808-1878), il dipinto fu di proprietà di un altro Doria, Clemente (1666-1736), e, forse, ancora prima, di Leopoldo de' Medici (1617-1676), nella cui celebre collezione nel 1648 Carlo Rifolfi descrisse un dipinto del tutto analogo e potenzialmente identificabile con quello in esame.
Altre localizzazioni geografico-amministrative (LA)
PRCM:
collezione di Leopoldo de' Medici (?)
TCL:
luogo di provenienza
PRCM:
collezione di Clemente Doria (1666-1736)
PRDI:
1707
TCL:
luogo di provenienza
Inventario di museo o soprintendenza
INVN:
s. n.
INVC:
Musei di Strada Nuova - Palazzo Bianco
DTZ
DTZG:
XVI
Cronologia (DT)
DTSI:
1520
DTSV:
ca
DTSF:
1525
DTSL:
ca
Autore (AUT)
AUTR:
esecutore
AUTN:
Bordon, Paris
AUTA:
1500-1571
MTC
MTC:
olio su tela
Misure (MIS)
MISU:
cm
MISA:
188
MISL:
229
Notizie storico-critiche (NSC)
Il dipinto, collocabile negli anni Venti del Cinquecento per le assonanze riscontrate con altre opere realizzate dall'artista in quello stesso periodo, come quella di analogo soggetto conservata all'Ermitage (inv. 2019), raffigura la visione mistica avuta da santa Caterina d'Alessandria dopo la sua conversione al cristianesimo, visione nella quale Gesù Bambino, apparso in grembo alla Vergine tra angeli e santi, le infilò al dito l'anello nuziale che la fece sua sposa. Quella concepita da Bordon per quest'opera fu un'iconografia molto fortunata, che venne riproposta in almeno tre copie documentate (Treviso 2022, p. 157). Prima di pervenire alle collezioni di Palazzo Bianco grazie ad un comodato concesso dagli attuali proprietari, eredi di Giorgio Doria (1808-1878), il dipinto fu di proprietà di un altro Doria, Clemente (1666-1736), e, forse, ancora prima, di Leopoldo de' Medici (1617-1676), nella cui celebre collezione nel 1648 Carlo Rifolfi descrisse un dipinto del tutto analogo e potenzialmente identificabile con quello in esame.
Acquisizione (ACQ)
ACQT:
comodato
Nome (ACQN):
collezione privata
Citazione completa (BIL)
Ridolfi 1648, p. 233; Alizeri 1847, P. 442; Morassi 1946, p. 9; Bonicatti 1964, p. 250; Canova 1964, pp. 7, 101; Mariani Canova in "Genius of Venice" 1983, p. 32; Mariani Canova in "Paris Bordon" 1984, p. 32; Rearick 1987, p. 48; Wilson 2004, pp. 84, 305; Humfrey in Washington-Vienna 2006, pp. 96-97, cat. n. 13; Facchinetti, Galansino in Treviso 2022, p. 157
Mostre (MST)
MSTT:
Paris Bordon 1500-1571. Pittore divino
MSTL:
Treviso
MSTD:
2022-2023
MSTT:
Bellini, Giorgione, Titian and the Renaissance of Venetian Painting