In linea con la sua formazione neoclassica, Varni guardò con interesse all’antico, a cui si accostò attraverso il contatto fisico con la sua eclettica collezione, che comprendeva calchi in gesso e reperti originali (marmi, bronzi, vasi, terre, vetri, pietre incise e cammei e monete, per usare la dicitura del catalogo dell’asta del 1887), tramite i viaggi e sopralluoghi d’archeologo, nonché la consultazione dei volumi della sua ricca biblioteca e l’analisi delle carte d’archivio oggetto dei suoi studi, settore nel quale fu tra l’altro anche attratto dall’interpretazione di temi mitologici e classici diffusa dal Rinascimento e soprattutto dal Cinque e Seicento genovese (è il caso, per es., dell’opera degli scultori attivi per Andrea Doria).
Da questa pluralità di stimoli visivi scaturirono elaborazioni grafiche, sia di fantasia e probabilmente fini a se stesse sia, in qualche caso, di tipo più progettuale, cioè destinate a concrete possibilità di realizzazione nell’ambito della decorazione e della scultura. Ciò sembra sia avvenuto soprattutto nel suo poliedrico ruolo presso Odone di Savoia, rapporto fondato anche su una comune passione collezionistica per l’antico: basti pensare alla traduzione in marmo de L’ Amore che doma la Forza, commissionata nell’aprile 1864 (il modello in gesso del gruppo, variazione su un tema già di Thorwaldsen, noto a Genova dal 1834 attraverso la pubblicazione dell’incisione, era già stato preparato per Filippo Ala Ponzone; il bozzetto perviene anch’esso con la donazione Apolloni al Comune di Genova, cfr. Giubilei in questo catalogo; sull’opera: R. Vitiello, in Odone 1996, pp.276-277), dopo che da quasi un anno aveva disegnato per il principe una stanza “alla pompeiana”, realizzata in parte, ma da ornare con fregi su suo disegno, copie dall’antico e una fontana tuttora a Palazzo Reale. Nello stesso 1864, come rivela il diario redatto a posteriori da Varni a documentare il suo rapporto con Odone (AAL, Archivio Varni, n. 61), mentre le condizioni di salute del principe iniziavano a peggiorare, egli fu poi spesso invitato a eseguire disegni che, secondo l’artista, il committente avrebbe voluto raccogliere in un unico album. Tra i soggetti ricorrenti, scrupolosamente appuntati, alcuni paiono corrispondere perfettamente al foglio qui presente: “la lotta di varii amorini con un Centauro”, schizzo inviato a Cornigliano, dove Odone risiedeva a villa Durazzo Bombrini, in data 11 luglio. Repliche degli stessi, forse con varianti, rimasero nel suo studio, per essere dati in dono o utilizzati come merce di scambio, nell’ambito del suo collezionismo. (Olcese Spingardi in Boccardo, Olcese Spingardi, Priarone 2011, pp. 24-27)
In linea con la sua formazione neoclassica, Varni guardò con interesse all’antico, a cui si accostò attraverso il contatto fisico con la sua eclettica collezione, che comprendeva calchi in gesso e reperti originali (marmi, bronzi, vasi, terre, vetri, pietre incise e cammei e monete, per usare la dicitura del catalogo dell’asta del 1887), tramite i viaggi e sopralluoghi d’archeologo, nonché la consultazione dei volumi della sua ricca biblioteca e l’analisi delle carte d’archivio oggetto dei suoi studi, settore nel quale fu tra l’altro anche attratto dall’interpretazione di temi mitologici e classici diffusa dal Rinascimento e soprattutto dal Cinque e Seicento genovese (è il caso, per es., dell’opera degli scultori attivi per Andrea Doria).
Da questa pluralità di stimoli visivi scaturirono elaborazioni grafiche, sia di fantasia e probabilmente fini a se stesse sia, in qualche caso, di tipo più progettuale, cioè destinate a concrete possibilità di realizzazione nell’ambito della decorazione e della scultura. Ciò sembra sia avvenuto soprattutto nel suo poliedrico ruolo presso Odone di Savoia, rapporto fondato anche su una comune passione collezionistica per l’antico: basti pensare alla traduzione in marmo de L’ Amore che doma la Forza, commissionata nell’aprile 1864 (il modello in gesso del gruppo, variazione su un tema già di Thorwaldsen, noto a Genova dal 1834 attraverso la pubblicazione dell’incisione, era già stato preparato per Filippo Ala Ponzone; il bozzetto perviene anch’esso con la donazione Apolloni al Comune di Genova, cfr. Giubilei in questo catalogo; sull’opera: R. Vitiello, in Odone 1996, pp.276-277), dopo che da quasi un anno aveva disegnato per il principe una stanza “alla pompeiana”, realizzata in parte, ma da ornare con fregi su suo disegno, copie dall’antico e una fontana tuttora a Palazzo Reale. Nello stesso 1864, come rivela il diario redatto a posteriori da Varni a documentare il suo rapporto con Odone (AAL, Archivio Varni, n. 61), mentre le condizioni di salute del principe iniziavano a peggiorare, egli fu poi spesso invitato a eseguire disegni che, secondo l’artista, il committente avrebbe voluto raccogliere in un unico album. Tra i soggetti ricorrenti, scrupolosamente appuntati, alcuni paiono corrispondere perfettamente al foglio qui presente: “la lotta di varii amorini con un Centauro”, schizzo inviato a Cornigliano, dove Odone risiedeva a villa Durazzo Bombrini, in data 11 luglio. Repliche degli stessi, forse con varianti, rimasero nel suo studio, per essere dati in dono o utilizzati come merce di scambio, nell’ambito del suo collezionismo. (Olcese Spingardi in Boccardo, Olcese Spingardi, Priarone 2011, pp. 24-27)
Acquisizione (ACQ)
ACQT:
donazione
Nome (ACQN):
Marco Fabio Apolloni
Data acquisizione (ACQD):
2010
Citazione completa (BIL)
Boccardo, Olcese Spingardi, Priarone 2011, pp. 24-27