Stilisticamente accostabile agli altri studi di figura a pietra nera dello Scorza, il disegno in oggetto riveste un’importanza particolare nel quadro della grafica dell’artista perché è chiaramente riconoscibile come preparatorio per una figura di Orfeo, il soggetto indubbiamente di maggior fortuna nella produzione del maestro. A parte le molte tele dedicate a questa iconografia, cui lo Scorza attese nell’arco di tutta la sua vita (cfr. da ultimo Zanelli 2017), sono innumerevole gli studi di animali riconducibili alla realizzazione di opere di tale soggetto, oltre ad alcuni bellissimi fogli ‘finiti’ di intere composizioni: uno su tutti lo studio del Rijksmuseum di Amsterdam, firmato e datato 1621 (inv. 1963:336, mm. 400 x 570), forse da indentificare nel disegno citato in una lettera di Giovan Battista Marino a Lorenzo Scoto nella quale il letterato si mostra ansioso di ricevere «il dissegno dell’Orfeo, […] per la posta dentro un cannoncino di latta» (Marino 1629, p. 292, citata in Boccardo 2017). Del disegno si conosce una replica in collezione privata americana (esposta alla mostra Private Treasures: Four Centuries of European Master Drawings, National Gallery of Art, Washington, 2007).
Il foglio genovese si concentra invece esclusivamente sul protagonista del racconto ovidiano, Orfeo, intento a suonare il violino con lo sguardo ispirato rivolto al cielo; la figura è definita in ogni dettaglio, dal chiaroscuro alle pieghe della veste. La datazione precoce del foglio, desunta dal confronto con gli altri disegni inediti dell’acquisto Montecucco, è confermata dal riconoscimento di questa figura in un dipinto dello Scorza, che mi segnala gentilmente Piero Boccardo, conservato al Blanton Museum di Austin in Texas e già in collezione Suida-Manning (cm 65,5, x 100,2, fig. 15), databile alla prima maturità dell’artista (ca. 1615-1620, cfr. A. Orlando in Genova 2017, cat. I.32). (Priarone in Boccardo, Priarone 2017, p. 50)
Sul verso in basso a sinistra: «12379», lungo il margine sinistro: «Bertelli? », a destra in alto: «5», «3» e «N.° 11», in basso: «cart 19 Acquisto Montecucco n 33 passato in Cart 16»
Notizie storico-critiche (NSC)
Stilisticamente accostabile agli altri studi di figura a pietra nera dello Scorza, il disegno in oggetto riveste un’importanza particolare nel quadro della grafica dell’artista perché è chiaramente riconoscibile come preparatorio per una figura di Orfeo, il soggetto indubbiamente di maggior fortuna nella produzione del maestro. A parte le molte tele dedicate a questa iconografia, cui lo Scorza attese nell’arco di tutta la sua vita (cfr. da ultimo Zanelli 2017), sono innumerevole gli studi di animali riconducibili alla realizzazione di opere di tale soggetto, oltre ad alcuni bellissimi fogli ‘finiti’ di intere composizioni: uno su tutti lo studio del Rijksmuseum di Amsterdam, firmato e datato 1621 (inv. 1963:336, mm. 400 x 570), forse da indentificare nel disegno citato in una lettera di Giovan Battista Marino a Lorenzo Scoto nella quale il letterato si mostra ansioso di ricevere «il dissegno dell’Orfeo, […] per la posta dentro un cannoncino di latta» (Marino 1629, p. 292, citata in Boccardo 2017). Del disegno si conosce una replica in collezione privata americana (esposta alla mostra Private Treasures: Four Centuries of European Master Drawings, National Gallery of Art, Washington, 2007).
Il foglio genovese si concentra invece esclusivamente sul protagonista del racconto ovidiano, Orfeo, intento a suonare il violino con lo sguardo ispirato rivolto al cielo; la figura è definita in ogni dettaglio, dal chiaroscuro alle pieghe della veste. La datazione precoce del foglio, desunta dal confronto con gli altri disegni inediti dell’acquisto Montecucco, è confermata dal riconoscimento di questa figura in un dipinto dello Scorza, che mi segnala gentilmente Piero Boccardo, conservato al Blanton Museum di Austin in Texas e già in collezione Suida-Manning (cm 65,5, x 100,2, fig. 15), databile alla prima maturità dell’artista (ca. 1615-1620, cfr. A. Orlando in Genova 2017, cat. I.32). (Priarone in Boccardo, Priarone 2017, p. 50)