Il disegno proviene dalla vendita effettuata dallo scultore Norberto Montecucco al Comune di Genova nei primi mesi del 1899, e viene registrati nel primo Inventario delle raccolte civiche (il cosiddetto Inventario Quinzio, dal nome dell’allora direttore Giovanni Quinzio) senza alcuna indicazione attributiva. Nel 1940, quando Mario Bonzi procedette alla stesura dell’Inventario della Collezione Disegni tuttora in uso, lo classificò – come altri con la stessa provenienza – quale opera di Ignoto del XIX secolo, aggiungendo nelle note la drastica valutazione: «non degno della raccolta». Dopo il Secondo conflitto mondiale sempre Bonzi corresse un poco il tiro, aggiungendo un punto interrogativo alla datazione citata anche perché annotò trattarsi di «carta del XVIII secolo».
San Gerolamo appare accortamente delineato in tutti i dettagli: è seduto a terra, in una postura un po’ scomposta e se anche in questo caso il gomito è appoggiato a un libro, merita notare che qui sulla costola è vergato in eleganti lettere capitali romane il nome dell’autore del volume: Marco Tullio Cicerone. Si tratta di una citazione colta, dato che a tutta prima si potrebbe pensare che nulla abbiano in comune il più conosciuto oratore romano, che visse prima dell’era cristiana, e uno dei più celebri Dottori della Chiesa, ma in realtà il santo stesso riconosceva nell’elegante prosa di Cicerone il proprio modello letterario. Proprio nella sua compiutezza il disegno, che si differenzia molto dagli studi preparatori che Scorza predisponeva in vista della realizzazione di una più grande composizione grafica o pittorica, pare piuttosto funzionale a un dipinto se non nelle medesime proporzioni, certo poco più grande, ovvero a una di quelle miniature che allora costituivano uno dei più apprezzati frutti della sua arte. (Boccardo in Boccardo, Priarone 2017, p. 46)
Sul verso in alto a sinistra «Da Montecucco n 22. cart 19 passato in Cart 16», al centro trasversalmente studio per elemento architettonico (colonna), in basso a sinistra: «12367», a destra: «n 22»
Notizie storico-critiche (NSC)
Il disegno proviene dalla vendita effettuata dallo scultore Norberto Montecucco al Comune di Genova nei primi mesi del 1899, e viene registrati nel primo Inventario delle raccolte civiche (il cosiddetto Inventario Quinzio, dal nome dell’allora direttore Giovanni Quinzio) senza alcuna indicazione attributiva. Nel 1940, quando Mario Bonzi procedette alla stesura dell’Inventario della Collezione Disegni tuttora in uso, lo classificò – come altri con la stessa provenienza – quale opera di Ignoto del XIX secolo, aggiungendo nelle note la drastica valutazione: «non degno della raccolta». Dopo il Secondo conflitto mondiale sempre Bonzi corresse un poco il tiro, aggiungendo un punto interrogativo alla datazione citata anche perché annotò trattarsi di «carta del XVIII secolo».
San Gerolamo appare accortamente delineato in tutti i dettagli: è seduto a terra, in una postura un po’ scomposta e se anche in questo caso il gomito è appoggiato a un libro, merita notare che qui sulla costola è vergato in eleganti lettere capitali romane il nome dell’autore del volume: Marco Tullio Cicerone. Si tratta di una citazione colta, dato che a tutta prima si potrebbe pensare che nulla abbiano in comune il più conosciuto oratore romano, che visse prima dell’era cristiana, e uno dei più celebri Dottori della Chiesa, ma in realtà il santo stesso riconosceva nell’elegante prosa di Cicerone il proprio modello letterario. Proprio nella sua compiutezza il disegno, che si differenzia molto dagli studi preparatori che Scorza predisponeva in vista della realizzazione di una più grande composizione grafica o pittorica, pare piuttosto funzionale a un dipinto se non nelle medesime proporzioni, certo poco più grande, ovvero a una di quelle miniature che allora costituivano uno dei più apprezzati frutti della sua arte. (Boccardo in Boccardo, Priarone 2017, p. 46)