Lo stipo "La notte" – con le sue forme squadrate e compatte, le stilizzate rappresentazioni sui montanti delle contadine dell’Agro romano e la semplificazione ornamentale dei fregi in avorio ed ebano raffiguranti pecorelle in riposo – incarnò le principali tensioni espressive della nuova tendenza artistica emergente che, a partire dalla seconda metà degli anni dieci, rigettò i modelli stilistici del liberty, in nome di nuove impostazioni compositive di ispirazione déco.
DES
DESS:
Figure: contadine. Animali: pecore.
Titolo (SGTT)
La notte
SGT
SGTI:
teste di contadine
SGTI:
pecore in riposo
Inventario di museo o soprintendenza
INVN:
GX1993.209.209
DTZ
DTZG:
XX
Cronologia (DT)
DTM:
documentazione
DTSI:
1910
DTSF:
1925
DTSL:
(?)
MTC
MTC:
avorio intarsiato
MTC:
ebano intarsiato
MTC:
legno di noce intarsiato e scolpito
Notizie storico-critiche (NSC)
La campagna laziale, con la sua “malia intensa formata di sogni primordiali, di tristezza e d’abbandono”, fu una tra le principali fonti di ispirazione per la poliedrica esperienza artistica di Duilio Cambellotti: lo stipo "La notte", esposto nella “Sala degli abitatori della campagna romana” alla Biennale internazionale di Monza del 1925, rappresentò l’opera più emblematica di questo suo arcaico immaginario estetico e culturale. In una stringente dialettica tra esperienze vernacolari, sperimentazioni avanguardistiche e citazioni classiche, le ricerche déco si espressero infatti attraverso una comune tendenza alla semplificazione formale e al rigore compositivo. La lirica idealizzazione dell’Agro romano, che nell’ambito della sua produzione di arredi si espresse attraverso la ripresa di autentici modelli della tradizione agreste – come attestato, alla mostra internazionale di Roma del 1911, dal suo allestimento per la Capanna dell’Agro Romano, dove furono esposti documenti etnografici e mobili realizzati dai contadini – svolse anche una fondamentale influenza sulla formazione artistica dei suoi allievi impegnati nel campo della ceramica, da Romeo Berardi a Roberto Rosati, da Renato Bassanelli a Melchiorre Melis.
Primo piano, sala "Duilio Cambellotti e l’ambiente romano degli anni Venti"
Altre localizzazioni geografico-amministrative (LA)
PRCM:
Collezione di Mitchell Wolfson Jr.
PRDU:
2007
PRCT:
collezione
PRCQ:
privata
TCL:
luogo di provenienza
Inventario di museo o soprintendenza
INVN:
GX1993.209.209
DTZ
DTZG:
XX
Cronologia (DT)
DTM:
documentazione
DTSI:
1910
DTSF:
1925
DTSL:
(?)
Autore (AUT)
AUTN:
Cambellotti, Duilio
AUTA:
Roma, 1876- Roma, 1960
MTC
MTC:
avorio intarsiato
MTC:
ebano intarsiato
MTC:
legno di noce intarsiato e scolpito
Misure (MIS)
MISU:
cm
MISA:
54
MISL:
80
MISP:
40
Indicazioni sull'oggetto (DESO)
Lo stipo "La notte" – con le sue forme squadrate e compatte, le stilizzate rappresentazioni sui montanti delle contadine dell’Agro romano e la semplificazione ornamentale dei fregi in avorio ed ebano raffiguranti pecorelle in riposo – incarnò le principali tensioni espressive della nuova tendenza artistica emergente che, a partire dalla seconda metà degli anni dieci, rigettò i modelli stilistici del liberty, in nome di nuove impostazioni compositive di ispirazione déco.
DES
DESS:
Figure: contadine. Animali: pecore.
Notizie storico-critiche (NSC)
La campagna laziale, con la sua “malia intensa formata di sogni primordiali, di tristezza e d’abbandono”, fu una tra le principali fonti di ispirazione per la poliedrica esperienza artistica di Duilio Cambellotti: lo stipo "La notte", esposto nella “Sala degli abitatori della campagna romana” alla Biennale internazionale di Monza del 1925, rappresentò l’opera più emblematica di questo suo arcaico immaginario estetico e culturale. In una stringente dialettica tra esperienze vernacolari, sperimentazioni avanguardistiche e citazioni classiche, le ricerche déco si espressero infatti attraverso una comune tendenza alla semplificazione formale e al rigore compositivo. La lirica idealizzazione dell’Agro romano, che nell’ambito della sua produzione di arredi si espresse attraverso la ripresa di autentici modelli della tradizione agreste – come attestato, alla mostra internazionale di Roma del 1911, dal suo allestimento per la Capanna dell’Agro Romano, dove furono esposti documenti etnografici e mobili realizzati dai contadini – svolse anche una fondamentale influenza sulla formazione artistica dei suoi allievi impegnati nel campo della ceramica, da Romeo Berardi a Roberto Rosati, da Renato Bassanelli a Melchiorre Melis.