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Trittico di San Colombano

Musei di Strada Nuova
OGT
OGTD:
dipinto
OGTT:
TRITTICO
Autore (AUT)
AUTR:
pittore
AUTN:
Provoost, Jan
AUTA:
Mons 1465 ca - Bruges 1529
Titolo (SGTT)
Trittico di San Colombano (Annunciazione, San Pietro e Santa Elisabetta d’Ungheria)
SGT
SGTI:
Annunciazione, San Pietro e Santa Elisabetta d’Ungheria
Inventario di museo o soprintendenza
INVN:
PB 2873
INVC:
Palazzo Bianco
INVN:
PB 2874
INVC:
Palazzo Bianco
DTZ
DTZG:
sec. XVI
Cronologia (DT)
DTZS:
primo quarto
DTSI:
1509
DTSV:
ca
DTSF:
1515
DTSL:
ca
MTC
MTC:
olio su tavola di rovere
Notizie storico-critiche (NSC)
I forti legami commerciali, finanziari e, naturalmente, artistici fra Genova e Bruges tra la fine del Quattrocento e l’inizio del secolo successivo sono stati ampiamente indagati dalla storiografia e confermati dalle commissioni di dipinti monumentali alle maggiori botteghe bruggensi da parte di cittadini genovesi. In quel breve scorcio d’anni, infatti, arrivarono nella cittadina ligure ben quattro grandiose pale d’altare eseguite rispettivamente da Gerard David, Adriaen Isembrandt, l’anonimo Maestro di San Lorenzo della Costa e Jan Provoost, cui è attribuito il cosiddetto Trittico di San Colombano, composto dalla tavola centrale con l’Annunciazione e i due scomparti laterali con San Pietro e Santa Elisabetta d’Ungheria. Le tre tavole hanno provenienza differente e le fonti storiche, almeno fino al XX secolo, non le menzionano mai insieme: mentre la sola Annunciazione è ricordata già nel Seicento nella chiesa dell’Ospedale dei Cronici, dedicato a San Colombano, i due scomparti laterali sono resi noti solo in epoca moderna, a partire dal 1930 quando, provenienti dall’Ospedale di Pammatone, vengono esposti insieme alla stessa Annunciazione nell’Ospedale di San Martino a Genova. In quella occasione, i due santi vengono registrati nell’inventario patrimoniale dell’ente ospedaliero con l’indicazione “Sauli”. Dagli anni trenta la critica, dopo le più generiche indicazioni delle fonti sei-sette e ottocentesche, attribuisce tutte le tavole a Provoost, notizia sempre confermata dalla storiografia successiva; i tre dipinti vengono esposti insieme dal 1946 come uno trittico, ma su questa ipotesi ricostruttiva le opinioni risultano a tutt’oggi contrastanti. Da un lato le analisi tecniche effettuate, ed in particolare quella dendrocronologica, hanno stabilito che alcune delle tavole utilizzate per realizzare i tre distinti supporti avrebbero origine dallo stesso albero e dunque, quantomeno, una comune provenienza; dall’altro l’ambientazione delle tre parti manca di continuità spaziale e risulta evidente il contrasto fra la più arcaicizzante scena centrale, ambientata in un dettagliatissimo interno domestico, e l’arioso paesaggio di sfondo ai due santi, peraltro molto più grandi e monumentali rispetto alle figure della Madonna annunciata e dell’angelo, con un evidente disomogeneo rapporto dimensionale fra le figure. Queste marcate differenze stilistiche porterebbero a far supporre che le tre distinte opere siano un prodotto della stessa bottega ma realizzate a qualche anno di distanza e per una committenza differente. I due scomparti laterali, in epoca imprecisata, sono stati decurtati della parte inferiore in cui, molto verosimilmente, erano dipinte le figure dei donatori inginocchiate ai piedi dei santi protettori: queste figure, oggi due tavole autonome, sono state identificate in un Ritratto maschile ora a Philadelphia (Museum of Art) e in uno femminile conservato a Madrid (Museo Thyssen Bornemisza).