La grande tela fu acquistata nel 1924 dal Comune di Genova. Dopo essere stata depositata a Palazzo Tursi nel Gabinetto del Podestà, fu trasferita nella Galleria di Palazzo Bianco almeno a partire dal 1929. Correttamente attribuito ad Assereto nell’Instruzione di Carlo Giuseppe Ratti, l’erudito ne descriveva l’ubicazione nel “Salotto ultimo” di un altro palazzo di Via Garibaldi, quello di Benedetto Spinola (oggi via Garibaldi, 2).
Nel grande ‘notturno’ di Palazzo Bianco, Assereto raffigura il suicidio del tribuno romano Marco Porcio Catone l’Uticense, che allo scoppio della guerra civile tra Cesare e Pompeo prese le parti di quest’ultimo e lo seguì in Oriente. Dopo l’uccisione di Pompeo e la sconfitta dei suoi seguaci, Catone, uomo di saldi ideali stoici, decise di porre fine alla propria vita trapassandosi il ventre con una spada ma fu soccorso e medicato; durante la notte, lasciato solo, si lacerò le bende e, riaprendosi la ferita, provocò con lucida determinazione la propria morte. Il pittore gioca abilmente con ogni elemento della composizione - tutta giocata su direttrici trasversali e parallele - alla quale conferisce la concitata intensità di un dramma figurato che si sta svolgendo di fronte allo spettatore, con una immediatezza davvero tragica. L’ambientazione notturna dell’affollata scena è rischiarata da sole due fonti di luce artificiale: la candela in mano al servitore sull’estrema destra e la torcia del giovane paggio in controluce a sinistra, in modo da fare emergere dall’ombra i volti attoniti degli astanti ed esasperarne la gestualità, in un linguaggio delle mani eloquente ed enfatico, tratto distintivo del pittore genovese. L’iconografia tradizionale del Catone a busto nudo con la spada abbandonata accanto è in parte rispettata, ma l’artista accelera la connotazione drammatica e sceglie di rappresentare il momento più tragico dell’episodio ovvero quando l’eroe stoico, con il volto contorto dalla sofferenza, manifesta la propria ostinata perseveranza riaprendosi la ferita con la mano destra, ponendo fine alla sua vita. La luce della torcia illumina il costato livido di Catone e il taglio provocato dalla spada, che trova spazio sul primo piano dell’opera
Il tema, tratto dalle Vite di Plutarco, ebbe particolare fortuna a Genova nella prima metà del Seicento, dove gli ideali repubblicani difesi da Catone ben si prestavano a una lettura anti-spagnola e, per così dire, ‘indipendentista’.
Rimane certo che il pittore nell’articolata composizione del Catone realizza uno dei suoi capolavori dell’età matura, nel quale è evidente la forte influenza della pittura di Stom e del naturalismo di matrice lombarda, tanto da realizzare una delle opere più ‘caravaggesche’ uscite nell’ambito della produzione genovese.
quadro foderato, rintelato e riportarto alle sue misure originali con un intervento di Decio Podio nel 1959
Restauri (RST)
RSTD:
2012
RSTE:
Laboratorio di restauro di Franca Carboni
RSTD:
1959
RSTS:
quadro foderato, rintelato e riportarto alle sue m
RSTN:
Decio Podio
RSTD:
1953
RSTN:
Pompeo Rubinacci
Notizie storico-critiche (NSC)
La grande tela fu acquistata nel 1924 dal Comune di Genova. Dopo essere stata depositata a Palazzo Tursi nel Gabinetto del Podestà, fu trasferita nella Galleria di Palazzo Bianco almeno a partire dal 1929. Correttamente attribuito ad Assereto nell’Instruzione di Carlo Giuseppe Ratti, l’erudito ne descriveva l’ubicazione nel “Salotto ultimo” di un altro palazzo di Via Garibaldi, quello di Benedetto Spinola (oggi via Garibaldi, 2).
Nel grande ‘notturno’ di Palazzo Bianco, Assereto raffigura il suicidio del tribuno romano Marco Porcio Catone l’Uticense, che allo scoppio della guerra civile tra Cesare e Pompeo prese le parti di quest’ultimo e lo seguì in Oriente. Dopo l’uccisione di Pompeo e la sconfitta dei suoi seguaci, Catone, uomo di saldi ideali stoici, decise di porre fine alla propria vita trapassandosi il ventre con una spada ma fu soccorso e medicato; durante la notte, lasciato solo, si lacerò le bende e, riaprendosi la ferita, provocò con lucida determinazione la propria morte. Il pittore gioca abilmente con ogni elemento della composizione - tutta giocata su direttrici trasversali e parallele - alla quale conferisce la concitata intensità di un dramma figurato che si sta svolgendo di fronte allo spettatore, con una immediatezza davvero tragica. L’ambientazione notturna dell’affollata scena è rischiarata da sole due fonti di luce artificiale: la candela in mano al servitore sull’estrema destra e la torcia del giovane paggio in controluce a sinistra, in modo da fare emergere dall’ombra i volti attoniti degli astanti ed esasperarne la gestualità, in un linguaggio delle mani eloquente ed enfatico, tratto distintivo del pittore genovese. L’iconografia tradizionale del Catone a busto nudo con la spada abbandonata accanto è in parte rispettata, ma l’artista accelera la connotazione drammatica e sceglie di rappresentare il momento più tragico dell’episodio ovvero quando l’eroe stoico, con il volto contorto dalla sofferenza, manifesta la propria ostinata perseveranza riaprendosi la ferita con la mano destra, ponendo fine alla sua vita. La luce della torcia illumina il costato livido di Catone e il taglio provocato dalla spada, che trova spazio sul primo piano dell’opera
Il tema, tratto dalle Vite di Plutarco, ebbe particolare fortuna a Genova nella prima metà del Seicento, dove gli ideali repubblicani difesi da Catone ben si prestavano a una lettura anti-spagnola e, per così dire, ‘indipendentista’.
Rimane certo che il pittore nell’articolata composizione del Catone realizza uno dei suoi capolavori dell’età matura, nel quale è evidente la forte influenza della pittura di Stom e del naturalismo di matrice lombarda, tanto da realizzare una delle opere più ‘caravaggesche’ uscite nell’ambito della produzione genovese.
Acquisizione (ACQ)
ACQT:
acquisto
Nome (ACQN):
Geri Alfredo
Data acquisizione (ACQD):
1924
Luogo acquisizione (ACQL):
Genova
Condizione giuridica (CDG)
Indicazione generica (CDGG):
proprietà Ente pubblico territoriale
Indicazione specifica (CDGS):
Comune di Genova, delibera 10 aprile 1924, n. 82
Documentazione fotografica (FTA)
FTAP:
diapositiva b-n
FTAD:
1929
FTAE:
Comune di Genova
FTAC:
Archivio Fotografico del Comune di Genova
FTAN:
24739, 24741
FTAT:
Scattate all’inizio del Novecento quando il dipinto si trovava in palazzo Cambiaso, mostrano la Morte di Catone con una giunta sul lato destro ad ampliare la tela (misurava infatti 203x279, cfr. Grosso 1932, p. 153 e Zennaro 2011, I, pp. 371-372).
Bibliografia (BIB)
BIBX:
bibliografia specifica
BIBA:
BESTA
BIBD:
2010
BIBN:
"Musei di Strada Nuova" pp. 124. nn.51
Citazione completa (BIL)
nell’Instruzione di Carlo Giuseppe Ratti (1780, p. 290), l’erudito ne descriveva l’ubicazione nel “Salotto ultimo” di un altro palazzo di Via Garibaldi, quello di Benedetto Spinola (oggi via Garibaldi, 2), come “un bellissimo Quadro della morte di Catone di Gioacchino Assereto”.