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La morte di Catone

Musei di Strada Nuova
Definizione bene (OGT)
OGTD:
dipinto
Identificazione (OGTV):
opera isolata
Autore (AUT)
AUTS:
bottega
AUTR:
esecutore
AUTN:
Assereto, Gioacchino
AUTA:
Genova 1600 - 1649
Titolo (SGTT)
La morte di Catone
SGT
SGTI:
La morte di Catone
Inventario di museo o soprintendenza
INVN:
PB 1909
INVC:
Palazzo Bianco
DTZ
DTZG:
sec. XVII
Cronologia (DT)
DTSI:
1640
DTSV:
ca
DTSF:
1640
DTSL:
ca
MTC
MTC:
olio su tela
Notizie storico-critiche (NSC)
La grande tela fu acquistata nel 1924 dal Comune di Genova. Dopo essere stata depositata a Palazzo Tursi nel Gabinetto del Podestà, fu trasferita nella Galleria di Palazzo Bianco almeno a partire dal 1929. Correttamente attribuito ad Assereto nell’Instruzione di Carlo Giuseppe Ratti, l’erudito ne descriveva l’ubicazione nel “Salotto ultimo” di un altro palazzo di Via Garibaldi, quello di Benedetto Spinola (oggi via Garibaldi, 2). Nel grande ‘notturno’ di Palazzo Bianco, Assereto raffigura il suicidio del tribuno romano Marco Porcio Catone l’Uticense, che allo scoppio della guerra civile tra Cesare e Pompeo prese le parti di quest’ultimo e lo seguì in Oriente. Dopo l’uccisione di Pompeo e la sconfitta dei suoi seguaci, Catone, uomo di saldi ideali stoici, decise di porre fine alla propria vita trapassandosi il ventre con una spada ma fu soccorso e medicato; durante la notte, lasciato solo, si lacerò le bende e, riaprendosi la ferita, provocò con lucida determinazione la propria morte. Il pittore gioca abilmente con ogni elemento della composizione - tutta giocata su direttrici trasversali e parallele - alla quale conferisce la concitata intensità di un dramma figurato che si sta svolgendo di fronte allo spettatore, con una immediatezza davvero tragica. L’ambientazione notturna dell’affollata scena è rischiarata da sole due fonti di luce artificiale: la candela in mano al servitore sull’estrema destra e la torcia del giovane paggio in controluce a sinistra, in modo da fare emergere dall’ombra i volti attoniti degli astanti ed esasperarne la gestualità, in un linguaggio delle mani eloquente ed enfatico, tratto distintivo del pittore genovese. L’iconografia tradizionale del Catone a busto nudo con la spada abbandonata accanto è in parte rispettata, ma l’artista accelera la connotazione drammatica e sceglie di rappresentare il momento più tragico dell’episodio ovvero quando l’eroe stoico, con il volto contorto dalla sofferenza, manifesta la propria ostinata perseveranza riaprendosi la ferita con la mano destra, ponendo fine alla sua vita. La luce della torcia illumina il costato livido di Catone e il taglio provocato dalla spada, che trova spazio sul primo piano dell’opera Il tema, tratto dalle Vite di Plutarco, ebbe particolare fortuna a Genova nella prima metà del Seicento, dove gli ideali repubblicani difesi da Catone ben si prestavano a una lettura anti-spagnola e, per così dire, ‘indipendentista’. Rimane certo che il pittore nell’articolata composizione del Catone realizza uno dei suoi capolavori dell’età matura, nel quale è evidente la forte influenza della pittura di Stom e del naturalismo di matrice lombarda, tanto da realizzare una delle opere più ‘caravaggesche’ uscite nell’ambito della produzione genovese.