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Maddalena penitente

Musei di Strada Nuova
Definizione bene (OGT)
OGTD:
scultura
Identificazione (OGTV):
opera isolata
Autore (AUT)
AUTR:
scultore
AUTN:
Canova, Antonio
AUTA:
Possagno 1757 - Venezia 1822
Titolo (SGTT)
La Maddalena penitente
SGT
SGTI:
Maddalena
Inventario di museo o soprintendenza
INVN:
PB 209
DTZ
DTZG:
sec. XVIII
Cronologia (DT)
DTZS:
fine
DTSI:
1794
DTSV:
ca
DTSF:
1796
DTSL:
ca
MTC
MTC:
marmo e bronzo dorato
Notizie storico-critiche (NSC)
La Maddalena penitente, uno dei marmi più mirabili di Antonio Canova, costituisce l’esito di un lungo processo d’invenzione e di studio iniziato nei primi mesi del 1790 e durato, nella fase esecutiva, dal 1794 alla fine del 1796. Commissionata dall’amico ed amministratore bassanese Tiberio Roberti (1749-1817), la scultura fu preceduta da un disegno del taccuino bassanese Eb e due bozzetti, uno in terra cruda, ora nelle collezioni dei Musei civici veneziani ed uno in terracotta, ancora nella raccolta canoviana dei Musei di Bassano del Grappa e da un modello in gesso, identificato con una scultura nei Musei civici di Padova. Nell’aprile del 1794, la scultura era in lavorazione e fu terminata se non prima dell’Ascensione del 1796, immediatamente dopo. Posteriormente, sul drappo che cinge i fianchi della figura, si legge la data del 1796, che un precedente antico ricalco aveva erroneamente trasformato in 1790. La lunga esperienza di quegli anni nella pratica del bassorilievo, aveva portato Canova a raggiungere «traguardi inaspettati» (Mazzocca 2009) ne «l’espressione, i contorni, i panneggiamenti», cioè nell’esprimere le forme del corpo ed unirvi il sentimento. La naturalezza nella resa del marmo con effetti di forte sensualità nella figura e nel volto dal quale traspare la contrizione e il patimento del lungo digiuno penitenziale della giovane peccatrice, al limite dello sfinimento, sono rese con una tecnica raffinatissima, «Execution magique», che raggiunge il risultato di un «soufflé créateur» (Quatremére de Quincy 1834). Nel 1797 il Roberti rinunciava all’acquisto della scultura per difficoltà economiche legate alle battaglie napoleoniche nelle campagne venete. Francesco Milizia, il critico veneziano, procurava a Canova un nuovo acquirente in Giovanni Priuli (1763-1801), uditore nazionale veneziano presso il Tribunale della Sacra Rota, che ne divenne virtualmente proprietario prima del giugno 1797, senza tuttavia entrarne in possesso. Negli anni del Direttorio la scultura fu acquistata per 1000 zecchini (il doppio di quanto inizialmente preventivato!) da Jean-François Julliot, un marchand, uomo di grandi ricchezze ottenute dalle forniture para-militari durante le campagne napoleoniche d’Italia e d’Egitto. Il 28 marzo 1808 l'avvocato Giovanni Battista Sommariva (1757-1826), membro di spicco del triumvirato milanese che aveva retto fra 1800 e 1802 la seconda Repubblica Cisalpina, annunciava a Canova l’acquisto, probabilmente avvenuto a Milano alla fine del 1806, della Maddalena penitente insieme all’Apollino. Nel suo palazzo parigino, l’esaltazione degli «affetti» era ottenuta con un’illuminazione spettacolare, si direbbe oggi mirata, già pienamente romantica, se non addirittura simbolista, all’interno di un boudoir foderato di sete grigio topo con uno specchio che rifletteva al visitatore la schiena non visibile. Esposta nel Salon nell’ottobre di quell’anno, la scultura fu oggetto di universale ammirazione. Successivamente trasferita da Sommariva a Milano, fu venduta al marchese Aguado, finendo nel 1839 di nuovo a Parigi. Alla morte di quest’ultimo, di poco successiva, venne acquistata per 59.000 franchi da Raffaele de Ferrari, duca di Galliera, e collocata nella sua dimora parigina, l’Hôtel de Matignon. Passò quindi Genova nel 1889 per legato della vedova, Maria Brignole-Sale de Ferrari, duchessa di Galliera.