Il dipinto raffigura un ampio paesaggio campestre, sovrastato da un cielo nuvoloso. Sullo sfondo è dipinta una casa colonica con un torrione, in primo piano, sui bordi di un corso d'acqua, due pastori con un gruppo di pecore e alcune figure femminili.
Titolo (SGTT)
Paesaggio con casa rustica torrione e figure
Inventario di museo o soprintendenza
INVN:
M. G. L. 406
DTZ
DTZG:
Fine sec.XVII Inizio XVIII
Cronologia (DT)
DTZS:
fine
DTSI:
1690
DTSV:
post
DTSF:
1710
DTSL:
ante
MTC
MTC:
olio su tela
Notizie storico-critiche (NSC)
Il dipinto è da ricondurre alla mano del paesaggista Antonio Francesco Peruzzini, nonostante un'attribuzione inventariale che riportava il nome del Magnasco, attribuzione oggi non più sostenibile. Resta evidente che l'autore prende a modello le figurette, variamente atteggiate, protagoniste dei dipinti del lissandrino, che popolano un paesaggio dalla resa chiaramente debitrice dei modi di Salvator Rosa, in particolare nella resa della luce mediante l'addensarsi del pigmento e l'utilizzo di filamenti luminosi. Parte della critica non rinuncia alla possibilità che l'autore delle figure sia proprio Magnasco, la cui presenza a Firenze è segnalata a partire dal 1703, anno in cui arriva nel capoluogo toscano anche Peruzzini; negli stessi anni si segnala la presenza in città anche di Marco e Sebastiano Ricci, con i quali Peruzzini ha in comune una particolare intonazione cromatica. Questi pittori aderiscono ad un filone paesaggistico del tutto particolare, che si distingue da quello squisitamente classico più carraccesco per l'intonazione pittoresca e romantica. Peruzzini fa suo questo linguaggio mitigandone la drammaticità e l'irruenza, guardando alla versione più pacata di Salvator Rosa e raccogliendo in parte l'eredità del paesaggismo più classico romano. La critica non è concorde sulla datazione del dipinto del Luxoro, oscillando tra l'ultimo decennio del Seicento e la prima decade di quello successivo, sulla base di confronti stilistici con dipinti realizzati negli stessi anni, come Le tentazioni di Sant'Antonio Abate della collezione Porro e il più tardo Paesaggio con borgo e torre in rovina realizzato con il Magnasco. I dipinti di questi anni sono accomunati dalla tipica resa delle nuvole con andamento sfrangiato nei contorni e dal tratto graffiato del pennello, che definisce marcandoli gli avvallamenti del terreno; a questo si aggiungono la peculiare definizione dei tronchi, vivacizzati da piccoli tocchi bianchi nelle zone illuminate dal sole, ed alcuni elementi costanti nei paesaggi di Peruzzini, come le torri, le case diroccate e fatiscenti e i paesi che si perdono in lontananza.
Il dipinto raffigura un ampio paesaggio campestre, sovrastato da un cielo nuvoloso. Sullo sfondo è dipinta una casa colonica con un torrione, in primo piano, sui bordi di un corso d'acqua, due pastori con un gruppo di pecore e alcune figure femminili.
Notizie storico-critiche (NSC)
Il dipinto è da ricondurre alla mano del paesaggista Antonio Francesco Peruzzini, nonostante un'attribuzione inventariale che riportava il nome del Magnasco, attribuzione oggi non più sostenibile. Resta evidente che l'autore prende a modello le figurette, variamente atteggiate, protagoniste dei dipinti del lissandrino, che popolano un paesaggio dalla resa chiaramente debitrice dei modi di Salvator Rosa, in particolare nella resa della luce mediante l'addensarsi del pigmento e l'utilizzo di filamenti luminosi. Parte della critica non rinuncia alla possibilità che l'autore delle figure sia proprio Magnasco, la cui presenza a Firenze è segnalata a partire dal 1703, anno in cui arriva nel capoluogo toscano anche Peruzzini; negli stessi anni si segnala la presenza in città anche di Marco e Sebastiano Ricci, con i quali Peruzzini ha in comune una particolare intonazione cromatica. Questi pittori aderiscono ad un filone paesaggistico del tutto particolare, che si distingue da quello squisitamente classico più carraccesco per l'intonazione pittoresca e romantica. Peruzzini fa suo questo linguaggio mitigandone la drammaticità e l'irruenza, guardando alla versione più pacata di Salvator Rosa e raccogliendo in parte l'eredità del paesaggismo più classico romano. La critica non è concorde sulla datazione del dipinto del Luxoro, oscillando tra l'ultimo decennio del Seicento e la prima decade di quello successivo, sulla base di confronti stilistici con dipinti realizzati negli stessi anni, come Le tentazioni di Sant'Antonio Abate della collezione Porro e il più tardo Paesaggio con borgo e torre in rovina realizzato con il Magnasco. I dipinti di questi anni sono accomunati dalla tipica resa delle nuvole con andamento sfrangiato nei contorni e dal tratto graffiato del pennello, che definisce marcandoli gli avvallamenti del terreno; a questo si aggiungono la peculiare definizione dei tronchi, vivacizzati da piccoli tocchi bianchi nelle zone illuminate dal sole, ed alcuni elementi costanti nei paesaggi di Peruzzini, come le torri, le case diroccate e fatiscenti e i paesi che si perdono in lontananza.
Acquisizione (ACQ)
ACQT:
legato
Nome (ACQN):
Legato Luxoro
Data acquisizione (ACQD):
1945
Condizione giuridica (CDG)
Indicazione generica (CDGG):
proprietà Ente pubblico territoriale
Indicazione specifica (CDGS):
comune di Genova
Documentazione fotografica (FTA)
FTAX:
documentazione allegata
FTAP:
fotografia digitale
FTAN:
119947
FTAF:
jpg
Bibliografia (BIB)
BIBA:
Biavati, G.
BIBD:
1976
BIBH:
00000737
BIBN:
pp. 32-33
BIBA:
Muti L./ De Sarno Prignano D.
BIBD:
1994
BIBH:
00000741
BIBN:
p. 245
BIBA:
Muti L./ De Sarno Prignano D.
BIBD:
1996
BIBH:
00000744
BIBN:
p. 29, 86, 88, 121 e pp. 152-153
BIBI:
tav. VIII e cat. 41
BIBX:
bibliografia specifica
BIBA:
Delneri, A.
BIBD:
2003
BIBN:
218
BIBI:
11
Citazione completa (BIL)
Titolo: Da Canaletto a Zuccarelli. Il paesaggio veneto del Settecento.