Nell'inventario il dipinto figura come opera di Alessandro Magnasco, anche se ultimamente la critica considera la possibilità che si tratti di una collaborazione tra il pittore e Antonio Francesco Peruzzini, con il quale collabora in modo continuativo fino al 1716. Resta evidente il debito di Magnasco nei confronti del paesaggista conosciuto a Firenze, in particolare nella resa del paesaggio, realizzato con piccole pennellate di colore impreziosite da tocchi di luce che sottolineano le fronde degli alberi e le cortecce nodose. Di mano sicuramente del Magnasco sono le figurette dei frati immersi nel paesaggio boscoso, contraddistinte da gesti teatrali e tratti nervosi, caratteri riconoscibili in altri dipinti del Peruzzini, nei quali si registra una collaborazione tra i due. Evidente inoltre lo studio delle opere di Salvator Rosa operato alla corte fiorentina per la resa del paesaggio. Vista l'assenza del tratto rapido e nervoso, assunto solo dopo il ritorno a Genova nel 1735, ritengo che il dipinto in oggetto possa datarsi intorno al secondo decennio del Settecento, quando è più intensa la collaborazione con il Peruzzini.
non si evidenziano cadute di colore o altri danni evidenti che possano impedire la leggibilità dell'opera
Restauri (RST)
RSTD:
1973-1974
RSTN:
Benito Podio
Notizie storico-critiche (NSC)
Nell'inventario il dipinto figura come opera di Alessandro Magnasco, anche se ultimamente la critica considera la possibilità che si tratti di una collaborazione tra il pittore e Antonio Francesco Peruzzini, con il quale collabora in modo continuativo fino al 1716. Resta evidente il debito di Magnasco nei confronti del paesaggista conosciuto a Firenze, in particolare nella resa del paesaggio, realizzato con piccole pennellate di colore impreziosite da tocchi di luce che sottolineano le fronde degli alberi e le cortecce nodose. Di mano sicuramente del Magnasco sono le figurette dei frati immersi nel paesaggio boscoso, contraddistinte da gesti teatrali e tratti nervosi, caratteri riconoscibili in altri dipinti del Peruzzini, nei quali si registra una collaborazione tra i due. Evidente inoltre lo studio delle opere di Salvator Rosa operato alla corte fiorentina per la resa del paesaggio. Vista l'assenza del tratto rapido e nervoso, assunto solo dopo il ritorno a Genova nel 1735, ritengo che il dipinto in oggetto possa datarsi intorno al secondo decennio del Settecento, quando è più intensa la collaborazione con il Peruzzini.