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Il pittor pitocco

Museo Giannettino Luxoro
OGT
OGTD:
dipinto
Autore (AUT)
AUTS:
attribuito
AUTM:
analisi stilistica
AUTN:
Magnasco Alessandro
AUTA:
1667/1749
AUTH:
00001010
Indicazioni sull'oggetto (DESO)
Zingari, pitocchi e soldati popolano un paesaggio immerso nella penombra dalla quale emergono solitarie alcune rovine di edifici antichi. Al centro della composizione l'autore colloca un pittore ripreso nell'atto di iniziare a dipingere una tela che forse racconterà il mondo che lo circonda; intorno a lui una giovane mamma che allatta, alcuni soldati in riposo, storpi, bambini che giocano e un gruppo di musici intenti ad intrattenerli.
Titolo (SGTT)
il pittor pitocco tra zingari e soldati
Inventario di museo o soprintendenza
INVN:
M. G. L. 1329
DTZ
DTZG:
sec. XVIII
Cronologia (DT)
DTZS:
prima metà
DTM:
analisi stilistica
DTSI:
1735
DTSV:
post
DTSF:
1750
DTSL:
ante
MTC
MTC:
olio su tela
Notizie storico-critiche (NSC)
Nel dipinto è evidente il debito nei confronti delle incisioni di Callot, studiate durante il soggiorno a Firenze, in particolare per il segno graffiante e i forti e violenti contrasti di luce-ombra, oltre alla particolare caratterizzazione degli atteggiamenti dei personaggi. Alla corte del granduca Ferdinando, il Magnasco ha modo di confrontarsi con Sebastiano Ricci, con il quale condivide diverse collaborazioni, che influenzeranno l'evoluzione del suo tratto pittorico e della resa del paesaggio. Anche nell'opera in oggetto si riconoscono importati riferimenti letterari per la scelta del soggetto, in particolare la letteratura dei pitocchi e il romanzo picaresco. Alla prima il pittore si rifà nella scelta dei soggetti (straccioni, soldati, zingari, emarginati), e nella particolare analisi del modo di vivere del picàro. Il secondo è di ispirazione per il racconto dei metodi di fraudolenza, delle astuzie adottate da questi personaggi per vivere. Il tema del "pittor pitocco" rappresentato nella scena intento a dipingere è già adottato dall'artista in opere precedenti, così come il tema dei soldati e dei pitocchi inseriti in un ambiente geografico, spesso contraddistinto da edifici antichi in rovina, come accade nel "Cantastorie" conservato a Stoccarda. Il dipinto è da collocare negli ultimi anni di produzione del Magnasco (già Franchini-Guelfi), dopo il ritorno a Genova nel 1735 e le esperienze fiorentine e milanesi. Tale datazione tarda si deve alla pennellata già molto franta riconoscibile nel dipinto, vicina ai modi del "Trattenimento" di Palazzo Bianco, dipinto anch'esso negli ultimi anni trascorsi nel capoluogo ligure. Evidente inoltre il debito nei confronti dei paesaggi del Peruzzini, nella disgregazione del dato descrittivo e nel vibrante puntinismo che li caratterizza; un linguaggio che Magnasco fa suo ma che nella produzione tarda si traduce in una visione più veloce, sommaria e allusiva, contraddistinta da violenti tocchi di luce che mettono in evidenza alcuni particolari, in maniera teatrale.

Persona