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La cuoca

Musei di Strada Nuova
Definizione bene (OGT)
OGTD:
dipinto
Identificazione (OGTV):
opera isolata
Autore (AUT)
AUTR:
esecutore
AUTM:
analisi stilistica
AUTN:
Strozzi, Bernardo detto il Cappuccino
AUTA:
Campo Ligure o Genova, 1582 - Venezia, 1644
DES
DESS:
Personaggi: sguattera. Abbigliamento: camicia, veste, fazzoletto sul capo. Animali: volatili. Oggetti: paiolo, brocca, collana di corallo. Paesaggio: cucina.
Titolo (SGTT)
La cuoca
SGT
SGTI:
Cucina
Inventario di museo o soprintendenza
INVN:
PR 20
INVD:
POST 1910
INVC:
Musei di Strada Nuova - Palazzo Rosso
DTZ
DTZG:
sec. XVII
Cronologia (DT)
DTZS:
secondo quarto
DTM:
analisi stilistica
DTSI:
1625
DTSF:
1625
MTC
MTC:
olio su tela
Notizie storico-critiche (NSC)
Certamente una delle opere più conosciute dei Musei di Strada Nuova e della stessa pittura genovese del XVII secolo, questa tela, internazionalmente conosciuta come “La cuoca” dello Strozzi, ritrae piuttosto una sguattera intenta a spennare un’oca tra polli e piccioni, con un tacchino appeso alle sue spalle, nella cucina di una dimora aristocratica genovese del Seicento. Presso le famiglie della nobiltà locale, infatti, il mestiere di cuoco era all’epoca riservato esclusivamente agli uomini, mentre le donne potevano solo occuparsi di mansioni più umili, come appunto spennare il pollame; che si tratti di una dimora aristocratica, d’altra parte, è certo, vista la presenza in primo piano di una ricca stagnara in argento sbalzato, con elaborato manico raffigurante un’erma femminile. Il quadro è menzionato per la prima volta nell’inventario del 1683-84 di Gio. Francesco I Brignole Sale, committente della dimora di Palazzo Rosso; dal secondo decennio del Settecento, invece, e almeno fino al 1774, l’opera è sempre ricordata – in inventari e guide - nella villa di famiglia sulla collina di Albaro (attuale Istituto Marcelline): è molto probabile che questa collocazione di minor prestigio sia stata motivata dal soggetto di immediata quotidianità del dipinto, giudicato probabilmente non confacente al decoro del palazzo di città, la cui quadreria si era andata arricchendo, tra fine Seicento e inizio Settecento, di tele di soggetto storico o di iconografia sacra. L’opera dello Strozzi - denominato nei documenti dell’epoca ‘il Cappuccino’ perché entrato come frate nell’Ordine all’età di diciassette anni – è una mirabile sintesi delle diverse influenze che nei primi decenni del Seicento costituivano il tessuto della pittura locale: da un lato la moda fiamminga per le rappresentazioni di ‘cucine’, ‘mercati’, ‘dispense’, che aveva trovato esempi, già alla metà del Cinquecento, in dipinti di pittori come Aertsen e Beuckelaer, documentati nelle collezioni delle famiglie genovesi (due tavole di questi artisti sono ora a Palazzo Bianco); dall’altro la nuova attenzione per il genere della ‘nature morta’, a motivo della presenza in città di pittori, ancora provenienti dalle Fiandre, come Jan Roos o Giacomo Liegi; in ultimo, il primo affermarsi di quel naturalismo di matrice caravaggesca che costituiva l’altro polo di aggiornamento della scuola locale. Questa tela, databile al 1625 ca., è esempio delle qualità migliori del pittore: pennellata materica, “gustoso e soave…manipolar delle tinte”, “coloriti pastosi e robusti”, come scrivono le fonti. Dal punto di vista iconografico, è chiara la volontà di misurarsi con la rappresentazione di soggetti popolari, mostrando un’adesione alla realtà ancora sconosciuta ai pittori genovesi, e singolare se si considera questa scelta da parte di un religioso; non è escluso, tuttavia, che al di là di questo significato immediato possano celarsi nel dipinto altri contenuti simbolici, forse – come è stato proposto - un’allegoria dei quattro elementi, cui alluderebbero i volatili, per “l’aria”, l’elaborata stagnara, per “l’acqua”, la ‘cuoca’, per “la terra”, e “il fuoco”, che il pittore dipinge con grande maestria nel suo crepitare sotto il paiolo. Boccardo (La cucina italiana. Cuoche a confronto, 2015) ipotizza che il committente dell'opera fosse stato Gio. Carlo Doria alla fine del 1625; morto il committente quello stesso anno, la tela sarebbe poi entrata nelle raccolte Brignole-Sale.