Secondo quanto riportato da Soprani (1674, pp. 317 -318), Orazio Gentileschi giunse a Genova nel 1621 su invito del nobile Giovanni Antonio Sauli che a Roma aveva conosciuto il pittore in occasione della missione genovese nella città eterna per rendere omaggio al nuovo pontefice Gregorio XV, insediatosi il 9 febbraio di quell’anno. BESTA R. in "Orazio Gentileschi. La fuga in Egitto e altre storie", Cremona 2021.
Nell’arco del suo soggiorno genovese - protrattosi fino al 1624 - realizzò per l’aristocratico committente “una Maddalena penitente; un Loth, che con le figlie fugge l’incendio della propria patria; una Danae con Giove in pioggia d’oro, & altre tavole di molta esquisitezza” (Soprani cit, p. 318; sulla identificazione di queste opere, cfr. Newcome 2001, pp. 172-173 e Cataldi Gallo 2004, pp. 155 - 179). Il piccolo rame di Palazzo Rosso si può forse riconoscere in una delle squisite tavole dipinte da Gentileschi per il suo patrono genovese dato che la provenienza dell’opera da quella stessa famiglia Sauli è documentata da una scritta autografa della duchessa di Galliera sul pannello di fondo della cornice, che recita: "Questo quadro mi è stato regalato oggi 18 aprile 1867 dalla mia cara nipote Maria Sauli, in memoria della defunta madre di essa, mia amatissima cognata Marina De Ferrari Sauli mancata à vivi il 18 marzo di quest'anno. Brig[no]le D[e] F[errari] di Galliera". Proprio per il suo carattere di oggetto di devozione privata, il dipinto non era stato compreso nella donazione di Palazzo Rosso del 1874 ma solo tra i beni che, con legato testamentario, arrivarono nelle collezioni nel 1889. Fino ad anni recenti collocato nelle cosiddette “stanze riservate” dei Brignole – Sale, destinate ai ricordi famigliari non accessibili al pubblico, è stato solo in anni più recenti riscoperto dalla critica.
Le ottimali condizioni conservative rendono possibile apprezzare la qualità esecutiva di questa scena intima e domestica, raffigurata con grande realismo: la Madonna seduta su un gradino all’aperto regge il Bambino addormentato tra le sue braccia sullo sfondo di un muro di mattoni sbrecciato. Alla semplicità della composizione si contrappone la preziosità di una cromia raffinata, giocata sugli effetti di cangiantismo delle tinte fredde del blu scuro del manto e di quelle giallo oro della veste, i cui effetti di luminosità sono sapientemente accentuati da una preparazione bianca e dallo stesso materiale del supporto, il rame, che restituisce ed esalta la lucentezza dei colori.
Le figure della madre e del bambino sul suo grembo e la stessa impostazione del dipinto, rievocano, in una scala più ridotta, il Riposo dalla fuga in Egitto del City Museum and Art Gallery di Birmingham, tela per cui peraltro Keith Christiansen ha suggerito una probabile esecuzione a Genova (in Orazio 2001, p. 160, cat. 34).
Elisabetta Giffi Ponzi (1994, p. 51-53), che per prima ha avallato l’autografia del dipinto che già era esposto in Palazzo Rosso sotto il nome di Gentileschi, lo mette in rapporto con l'identico rame di Burghley House a Stamford, rimarca le affinità delle scelte cromatiche dell’oro della veste e del biancore “incorruttibile delle carni con la bellissima Madonna con Bambino già Contini – Bonaccossi, oggi al Fogg Art Museum, “dove è identico anche il bambino massiccio. Dai riccioli biondi e la capigliatura ramata della Vergine, fermata sotto il velo da un nastrino quasi invisibile”.
Christiansen (in Orazio 2001, pp. 184-185, cat. 38), in accordo con Mary Newcome, rifiuta l’ipotesi che il rame genovese sia una replica autografa, ritenendolo piuttosto una copia più tarda.
D’altra parte è stata da tempo rilevata la presenza di un gran numero di repliche o copie di qualità anche alta nella produzione di Orazio Gentileschi e anche gli inventari della famiglia Sauli forniscono informazioni interessanti sulla presenza di repliche di dipinti del pittore. Marzia Cataldi Gallo, che pubblica gli inventari della famiglia (2004, p. 159-160), nota come la definizione di “copia” in questi registri “potesse derivare dal comprensibile orgoglio di possedere la prima e più importante versione delle opere”. La stessa studiosa, che ha rinvenuto in una lettera Orazio a Gio.
Antonio Sauli del 1636 il riferimento a una questione relativa al “quadro della Vergine che feci per V(ostra). S(ignoria).”, propone una seducente ipotesi in merito all’esistenza di due versioni del dipinto note: quella di Burghley House, considerata la prima, realizzata a Genova intorno al 1624 e quella di Palazzo Rosso, che sarebbe invece una replica fornita “in contro a cambio” all’aristocratico genovese e dipinta da Gentileschi a Londra circa dieci anni dopo.
Questo quadro mi è stato regalato oggi, 18 aprile 1867, dalla mia cara nipote, Maria Sauli, in memoria della defunta madre di casa, mia amatissima cognata Maria De Ferrari Sauli mancata a' vivi il 18 marzo di quest'anno/ Brignole-Sale di Galliera
Notizie storico-critiche (NSC)
Secondo quanto riportato da Soprani (1674, pp. 317 -318), Orazio Gentileschi giunse a Genova nel 1621 su invito del nobile Giovanni Antonio Sauli che a Roma aveva conosciuto il pittore in occasione della missione genovese nella città eterna per rendere omaggio al nuovo pontefice Gregorio XV, insediatosi il 9 febbraio di quell’anno. BESTA R. in "Orazio Gentileschi. La fuga in Egitto e altre storie", Cremona 2021.
Nell’arco del suo soggiorno genovese - protrattosi fino al 1624 - realizzò per l’aristocratico committente “una Maddalena penitente; un Loth, che con le figlie fugge l’incendio della propria patria; una Danae con Giove in pioggia d’oro, & altre tavole di molta esquisitezza” (Soprani cit, p. 318; sulla identificazione di queste opere, cfr. Newcome 2001, pp. 172-173 e Cataldi Gallo 2004, pp. 155 - 179). Il piccolo rame di Palazzo Rosso si può forse riconoscere in una delle squisite tavole dipinte da Gentileschi per il suo patrono genovese dato che la provenienza dell’opera da quella stessa famiglia Sauli è documentata da una scritta autografa della duchessa di Galliera sul pannello di fondo della cornice, che recita: "Questo quadro mi è stato regalato oggi 18 aprile 1867 dalla mia cara nipote Maria Sauli, in memoria della defunta madre di essa, mia amatissima cognata Marina De Ferrari Sauli mancata à vivi il 18 marzo di quest'anno. Brig[no]le D[e] F[errari] di Galliera". Proprio per il suo carattere di oggetto di devozione privata, il dipinto non era stato compreso nella donazione di Palazzo Rosso del 1874 ma solo tra i beni che, con legato testamentario, arrivarono nelle collezioni nel 1889. Fino ad anni recenti collocato nelle cosiddette “stanze riservate” dei Brignole – Sale, destinate ai ricordi famigliari non accessibili al pubblico, è stato solo in anni più recenti riscoperto dalla critica.
Le ottimali condizioni conservative rendono possibile apprezzare la qualità esecutiva di questa scena intima e domestica, raffigurata con grande realismo: la Madonna seduta su un gradino all’aperto regge il Bambino addormentato tra le sue braccia sullo sfondo di un muro di mattoni sbrecciato. Alla semplicità della composizione si contrappone la preziosità di una cromia raffinata, giocata sugli effetti di cangiantismo delle tinte fredde del blu scuro del manto e di quelle giallo oro della veste, i cui effetti di luminosità sono sapientemente accentuati da una preparazione bianca e dallo stesso materiale del supporto, il rame, che restituisce ed esalta la lucentezza dei colori.
Le figure della madre e del bambino sul suo grembo e la stessa impostazione del dipinto, rievocano, in una scala più ridotta, il Riposo dalla fuga in Egitto del City Museum and Art Gallery di Birmingham, tela per cui peraltro Keith Christiansen ha suggerito una probabile esecuzione a Genova (in Orazio 2001, p. 160, cat. 34).
Elisabetta Giffi Ponzi (1994, p. 51-53), che per prima ha avallato l’autografia del dipinto che già era esposto in Palazzo Rosso sotto il nome di Gentileschi, lo mette in rapporto con l'identico rame di Burghley House a Stamford, rimarca le affinità delle scelte cromatiche dell’oro della veste e del biancore “incorruttibile delle carni con la bellissima Madonna con Bambino già Contini – Bonaccossi, oggi al Fogg Art Museum, “dove è identico anche il bambino massiccio. Dai riccioli biondi e la capigliatura ramata della Vergine, fermata sotto il velo da un nastrino quasi invisibile”.
Christiansen (in Orazio 2001, pp. 184-185, cat. 38), in accordo con Mary Newcome, rifiuta l’ipotesi che il rame genovese sia una replica autografa, ritenendolo piuttosto una copia più tarda.
D’altra parte è stata da tempo rilevata la presenza di un gran numero di repliche o copie di qualità anche alta nella produzione di Orazio Gentileschi e anche gli inventari della famiglia Sauli forniscono informazioni interessanti sulla presenza di repliche di dipinti del pittore. Marzia Cataldi Gallo, che pubblica gli inventari della famiglia (2004, p. 159-160), nota come la definizione di “copia” in questi registri “potesse derivare dal comprensibile orgoglio di possedere la prima e più importante versione delle opere”. La stessa studiosa, che ha rinvenuto in una lettera Orazio a Gio.
Antonio Sauli del 1636 il riferimento a una questione relativa al “quadro della Vergine che feci per V(ostra). S(ignoria).”, propone una seducente ipotesi in merito all’esistenza di due versioni del dipinto note: quella di Burghley House, considerata la prima, realizzata a Genova intorno al 1624 e quella di Palazzo Rosso, che sarebbe invece una replica fornita “in contro a cambio” all’aristocratico genovese e dipinta da Gentileschi a Londra circa dieci anni dopo.