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Cristo scaccia i mercanti dal Tempio

Musei di Strada Nuova
Definizione bene (OGT)
OGTD:
dipinto
Identificazione (OGTV):
opera isolata
Autore (AUT)
AUTS:
attribuito
AUTR:
esecutore
AUTM:
analisi stilistica
AUTN:
Barbieri, Giovanni Francesco detto Il Guercino
AUTA:
1591-1666
DES
DESS:
PERSONAGGI: CRISTO, GRUPPO DI UOMINI E DONNE . ABBIGLIAMENTO: VESTE, MANTELLO; CAMICIA, CALZONI, GIUBBOTTO; VESTE. OGGETTI: STAFFILE,
Titolo (SGTT)
Cristo scaccia i mercanti dal Tempio
SGT
SGTI:
CRISTO SCACCIA I MERCANTI DAL TEMPIO
Inventario di museo o soprintendenza
INVN:
PR 62
INVC:
Musei di Strada Nuova - Palazzo Rosso
DTZ
DTZG:
XVII
Cronologia (DT)
DTZS:
secondo quarto
DTM:
documentazione
DTSI:
1634
DTSV:
post
DTSF:
1638
DTSL:
ante
MTC
MTC:
olio su tela
Notizie storico-critiche (NSC)
La documentazione disponibile fornisce elementi piuttosto contraddittori riguardo alla genesi di questo dipinto. Se, da una parte, lo storiografo bolognese Carlo Cesare Malvasia (1678) lo dice commissionato a Guercino nel 1634 dal cardinale Giovanni Battista Pallotta per farne omaggio, al termine del suo mandato a Ferrara, a Francesco I d'Este, allora Duca di Modena, salvo, poi, non consegnarlo e tenerlo per sé, dall'altra, il Libro dei conti dell'artista tiene memoria del pagamento ricevuto quattro anni più tardi da Antonio Fabri per "il ritocco della coppia del Cristo che schaccia li venditori dal Tempio" da donare allo stesso Pallotta, che, a quel punto, ne avrebbe posseduti due quasi identici. Al di là del fatto che Malvasia possa essersi sbagliato e che la prima tela del 1634 possa essere effettivamente pervenuta al Duca di Modena (ma non compare nessun'opera simile negli inventari estensi), scarsi dubbi esistono sul diretto collegamento del soggetto del quadro alla figura del cardinale: infatti, la corda piegata brandita da Cristo nell'atto di scacciare i mercanti ricorda molto da vicino l'arma araldica dei Pallotta, caratterizzata da un "flagello nell'atto di colpire". Il paragone è talmente calzante che nelle carte del cardinale l'opera - forse giunta tra i suoi beni effettivamente solo nel 1638, grazie al "ritocco" pagato da Fabri? - è stata curiosamente registrata sotto la voce "Flagellum de funiculis", con una citazione dal Vangelo di Giovanni (2,15). Altrettanto sicuramente, l'opera oggi conservata ai Musei di Strada Nuova venne acquistata da Gio. Francesco I Brignole-Sale entro il 1684, a partire da un gruppo selezionato di opere un tempo appartenenti al cardinale Pallotta e successivamente, tramite le nozze di sua figlia, pervenute al marito di quest'ultima, il conte bolognese Gio. Gaspare Grassi. Lontano dall'essere una mera copia "tout court", il dipinto in questione sembra, dunque, costituire una rielaborazione di bottega - sono stati fatti i nomi di Bartolomeo Gennari e Matteo Loves - con l'intervento del maestro, forse limitato - anche a giudicare dalla cifra pagata da Fabri per il "ritocco" - all'esecuzione delle teste principali e di qualche altro elemento pregnante. Il restauro del 2009 ha peraltro effettivamente messo in luce la presenza di più strati pittorici, dei quali, tuttavia, alcuni riconducibili ai pesanti interventi di reintegrazione pittorica effettuati già a metà Ottocento da Giuseppe Isola e documentati. (Boccardo 2009, pp. 116-117) Per Turner (2017, pp. 496-497) si può trattare di un classico "bozzettone" di bottega, realizzato in preparazione del dipinto principale e per il quale il ritocco richiesto da Fabri doveva servire a colmare le parti lasciate solo, appunto, abbozzate.

Persona