Cornelis De Wael, insieme al fratello Lucas, si stabilì a Genova dal 1619, prendendo in locazione un alloggio che ben presto divenne, secondo una tradizione già consolidata nelle Fiandre, una casa-bottega dove i pittori fiamminghi che approdavano in città potevano trovare accoglienza e il necessario per iniziare a lavorare. Cornelis, oltre che per questa importante operazione culturale, che riunì fra l’altro artisti della statura di Jan Roos e Van Dyck, fu apprezzato per la sua pittura di genere, nella quale, come riferisce il Soprani, egli trasponeva “il suo genio di fare figure piccole”, articolate in gruppi e caratterizzate da una magistrale cura per i dettagli dell’abbigliamento e delle fisionomie.
Le due tele conservate a Palazzo Bianco fanno parte della serie di dipinti raffiguranti le "Sette opere di misericordia", commissionatagli intorno al 1640 da un nobile genovese, Pier Francesco Grimaldi, grande mecenate e convinto estimatore del maestro. La serie è andata in gran parte perduta, fatta eccezione per "Alloggiare i pellegrini", conservato in collezione privata.
Il tema delle opere di misericordia venne affrontato piu' volte da Cornelis De Wael, o in opere singole, fondendo in un'unica scena le sette pratiche misericordiose, oppure, in serie di sette tele, come nel caso in oggetto.
Giunte per via ereditaria a Ignazio Pallavicini, furono poi vendute dai suoi discendenti e acquistate sul mercato antiquario per Palazzo Bianco nel 1948. Nel dipinto in esame, "Visitare i carcerati", l'ambientazione è tutta genovese: si tratta, infatti, del Palazzetto Criminale, l'antico carcere della città. (SERRA 2010, p. 150)
Altre localizzazioni geografico-amministrative (LA)
PRVS:
Italia
PRVP:
GE
PRVC:
Genova
PRCM:
Collezione Pier Francesco Grimaldi
PRDI:
1640 circa
PRCT:
collezione
PRCQ:
privata
TCL:
luogo di provenienza
PRVS:
Italia
PRVP:
GE
PRVC:
Genova
PRCM:
Collezione Ignazio Alessandro Pallavicini
PRDI:
1833 circa
TCL:
luogo di provenienza
PRDU:
1948
TCL:
luogo di provenienza
Inventario di museo o soprintendenza
INVN:
PB 459
INVC:
Musei di Strada Nuova - Palazzo Bianco
DTZ
DTZG:
sec. XVII
Cronologia (DT)
DTM:
bibliografia
DTSI:
1640
DTSV:
ca
DTSF:
1640
DTSL:
ca
Autore (AUT)
AUTR:
esecutore
AUTM:
bibliografia
AUTN:
De Wael, Cornelis
AUTA:
1592-1667
MTC
MTC:
olio su tela
Misure (MIS)
MISU:
cm
MISA:
99
MISL:
152
Stato di conservazione (STC)
Stato di conservazione (STCC):
buono
Restauri (RST)
RSTD:
1997
RSTN:
Nicola reastauri
Notizie storico-critiche (NSC)
Cornelis De Wael, insieme al fratello Lucas, si stabilì a Genova dal 1619, prendendo in locazione un alloggio che ben presto divenne, secondo una tradizione già consolidata nelle Fiandre, una casa-bottega dove i pittori fiamminghi che approdavano in città potevano trovare accoglienza e il necessario per iniziare a lavorare. Cornelis, oltre che per questa importante operazione culturale, che riunì fra l’altro artisti della statura di Jan Roos e Van Dyck, fu apprezzato per la sua pittura di genere, nella quale, come riferisce il Soprani, egli trasponeva “il suo genio di fare figure piccole”, articolate in gruppi e caratterizzate da una magistrale cura per i dettagli dell’abbigliamento e delle fisionomie.
Le due tele conservate a Palazzo Bianco fanno parte della serie di dipinti raffiguranti le "Sette opere di misericordia", commissionatagli intorno al 1640 da un nobile genovese, Pier Francesco Grimaldi, grande mecenate e convinto estimatore del maestro. La serie è andata in gran parte perduta, fatta eccezione per "Alloggiare i pellegrini", conservato in collezione privata.
Il tema delle opere di misericordia venne affrontato piu' volte da Cornelis De Wael, o in opere singole, fondendo in un'unica scena le sette pratiche misericordiose, oppure, in serie di sette tele, come nel caso in oggetto.
Giunte per via ereditaria a Ignazio Pallavicini, furono poi vendute dai suoi discendenti e acquistate sul mercato antiquario per Palazzo Bianco nel 1948. Nel dipinto in esame, "Visitare i carcerati", l'ambientazione è tutta genovese: si tratta, infatti, del Palazzetto Criminale, l'antico carcere della città. (SERRA 2010, p. 150)