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Il brigantino a palo italiano «Pensacola» in navigazione

Galata Museo del Mare
OGT
OGTD:
dipinto
Autore (AUT)
AUTN:
Gavarrone, Domenico
Inventario di museo o soprintendenza
INVN:
499
Cronologia (DT)
DTSI:
1874
DTSF:
1874
MTC
MTC:
carta-acquarello
Notizie storico-critiche (NSC)
L’onomastica delle navi ottocentesche è molto particolare: i nomi dati alle navi seguono percorsi particolari. Molto spesso sono nomi di familiari: moglie, figli, genitori (e anche se stessi). A volte indicano valori o nomi beneauguranti (Amicizia, Fortuna). A volte esprimono le proprie convinzioni politiche (Dittatore Garibaldi, Giuseppe Mazzini, Principe Oddone) e, infine, a volte alludono al proprio “programma di lavoro”. E’ il caso del “Pensacola”: un nome particolare che indica, in realtà, uno “scalo” (la definizione di porto, per questo luogo, nell’Ottocento, sarebbe impropria).

Situato in Florida, Pensacola è ai confini del Mississipi e a poche miglia dall’Alabama. Nel corso dell’Ottocento, diventa il luogo d’arrivo dei grandi tronchi fatti flottare lungo i fiumi americani e che in questa baia vengono imbarcati su grandi navi a vela per essere trasportati in Europa, dove saranno lavorati. I timber – come venivano chiamati nel gergo marittimo – erano un carico estremamente pericoloso. Con le loro grandi dimensioni e un peso specifico relativamente basso, questi tronchi venivano sistemati sia nelle stive che in coperta; in caso di tempesta lungo il Gulf Stream, questo carico rivelava tutto il suo pericolo. Sballottato dal motto ondoso, anche se trattenuto da cime e catene, l’insieme dei tronchi era sollecitato a muoversi in ogni direzione e quando la forza del mare aveva la meglio sulle legature, i timber diventavano arieti straordinariamente potenti, in grado di demolire le tughe, le coperte, l’alberatura e le murate di una nave. Se accadeva sottocoperta, la conseguenza era quasi sicuramente l’apertura di improvvise falle che potevano mandare a picco il bastimento. I timbererano, peraltro, un tipo di carico talmente pericoloso da rappresentare una minaccia anche dopo l’affondamento della nave che li trasportava. Galleggiando liberi, ma soprattutto non consentendo al relitto di inabissarsi (il peso specifico del legno lo teneva sul pelo dell’acqua con i resti della nave) i grandi tronchi potevano essere quella minaccia invisibile e galleggiante che poteva costituire un serissimo problema per le navi che non le avvistassero in tempo. Non è un caso che il “Pensacola”, dopo la costruzione e il ritratto, passò pochissimo tempo in mare, andando a scomparire entro i due anni successivi al varo.

Questo dipinto – almeno fino a prova contraria – è l’ultima opera del pittore.

Persona